sabato 15 marzo 2008

BERSELLI E IL LIBRO DI TREMONTI

Edmondo Berselli, nel commentare su l’Espresso il libro di Giulio Tremonti “La paura e la speranza” si pone piu’ di un interrogativo per capire dove mai volesse andare a parare nel momento in cui dipinge a tinte fosche il panorama interno, ma soprattutto quello internazionale, il catastrofismo che sta per abbattersi sul mondo e quindi la conseguente rinnegazione del suo sperticato liberismo e la proposizione del neo-protezionismo, spazzato via senza alternativa e in modo irreversibile dalla liberalizzazione dei mercati, prima, e dalla selvaggia globalizzazione, dopo.
Si dovrebbe concludere che Tremonti abbia vissuto un’altra vita e che sia ritornato in questo mondo dopo qualche secolo, e che durante i suoi funesti incubi rivede il mondo diviso e frazionato, con l’innalzamento di barriere e di muraglie cinesi.
Quindi, dice Berselli, dobbiamo per forza di cose pensar male anche se commettiamo peccato, ma così andremo molto vicino alla realtà. Da qui la conclusione che il simbolico ombrello di Altan voglia metterlo in quel posto a qualcun altro.
In realtà io penso che bisognerebbe fare uno sforzo di analisi un pochino piu’ sofisticata, perché la conclusione di Berselli, relativamente a quello che pensa di fare Tremonti, è fin troppo ovvia e scontata, per cui si farebbe peccato a pensare il contrario.
Ragion per cui bisognerebbe capire qual’è il disegno strategico, molto piu’ raffinato e diabolico, al quale Tremonti sta cercando di ricorrere affinché l’ombrello scivoli diritto e piu’ fluido in quel posto a qualcun altro.
Egli ha osservato che i 2 candidati che si sfidano per giungere alla guida del Paese stavano facendo lo stesso tipo di campagna elettorale, gareggiando in modo pacchiano a chi fosse piu’ bravo nel fare promesse impossibili da mantenere. Quindi, il nostro Professore, che verosimilmente è piu’ raffinato del suo capo, che un giorno sogna di sostituire, e che possiede obiettivamente maggiori cognizioni in tema di economia e di finanza, ha dedotto che era impossibile proseguire sulla strada di predicare la reiterazione del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che tutto ciò alla fine sarebbe diventato pericoloso e penalizzante, una volta vinte le elezioni. Circostanza, peraltro, che evidentemente egli pensa di avere già in tasca. E allora, oltre che inutile, può diventare estremamente dannoso, viste le precedenti ultime due esperienze del Governo di Berlusconi e di quello di Prodi. Alle molte promesse non è corrisposta alcuna realizzazione concreta. Quindi chi arriva a governare deve pensare soltanto a sopravvivere. Meno promesse si fanno e meno fastidi si avranno.
Il nostro, fra l’altro, non è per niente lontano dalla realtà, quando pensa al peggio che si sta per abbattere sull’economia globale, se è vero com’è vero, che i massimi esperti mondiali parlano apertamente di stagflazione. Intanto le sue argomentazioni sono servite, e hanno avuto efficacia, per tirare per la giacca Silvio, che lo ha ascoltato e ha operato una inversione di marcia a 180 gradi. Niente piu’ promesse mirabolanti, niente incentivi per tutti e meno tasse, il nuovo motto è “vedremo…vedremo…cosa troveremo”.
Cosa troveranno, Tremonti lo sa benissimo e perciò lo ha tirato per la giacca. Un paese con la recessione alle porte, il fallimento della compagnia aerea nazionale, le ferrovie allo sfascio, i tribunali senza carta e la polizia senza benzina, le opere infrastrutturali ferme da ben oltre 30 anni. Dall’altra parte il tesoretto di un debito pubblico piu’ alto dell’Everest, per il quale gli italiani ogni anno puntualmente vengono invitati a privarsi del pane e della pasta per concorrere a pagare oltre 140 mila mld di vecchie lire di interessi in favore di quel 10% di sfigati che si ritrovano il 50% della ricchezza nazionale nelle mani, senza che a nessun candidato a premier, da Veltroni a Berlusconi, da Bertinotti a Casini, sfiori l’idea di chiamare a contribuire proprio questi ultimi se non vogliamo sprofondare.
Così come Tremonti sa benissimo, ma questo non osa dirlo, che se stiamo ancora in piedi, oggi, è perchè siamo inglobati in un contesto piu’ ampio e piu’ stabile che si chiama Europa e che se dovessimo applicare una politica protezionistica nei confronti del resto del mondo saremmo spazzati via come fuscelli, immediatamente. Quindi fa finta di sostenere una tesi di cui non può non conoscerne l’utopia, e in questo è diabolico.
La loro strategia diventa in definitiva: Per il momento pensiamo a vincere. Poi penseremo a infilare l’ombrello in quel posto a chi ci farà piu’comodo e piacere. Francesco Calvano.