mercoledì 1 agosto 2007

LETTERA A UNINDUSTRIA BOLOGNA

Ho letto con grande interesse e un pizzico di soddisfazione il servizio pubblicato da “Il Sole 24 Ore” del 24 luglio, sulla base dei dati elaborati da codesta Organizzazione. La soddisfazione deriva dal fatto che sull’argomento vado conducendo una battaglia piuttosto solitaria da una ventina di anni e quindi mi fa molto piacere che qualcuno, autorevole e con mezzi piu’ appropriati, si sia finalmente interessato a quella che ritengo sia la base di tutte le discussioni, per chi vuol esprimere un minimo di serietà.
Sull’argomento ho pubblicato, a mie spese, e distribuito in maniera mirata sempre con le mie modeste possibilità, il breve saggio che mi permetto di sottoporvi.
In esso è contenuta una analisi sicuramente piu’ ampia, che affronta diversi argomenti, con una tesi di fondo, che forse non condividerete in pieno, e che si basa sulla constatazione che per affrontare la grave, quasi insanabile, crisi del sistema Italia, occorrono risorse che io penso debbano scaturire da una manovra di carattere straordinario, che può essere quella da me indicata, come può essere qualsiasi altra. La mia è una tesi soggetta a tutte le critiche, le correzioni, le alternative possibili. Se però, non è rispondente quella da me indicata, qualcuno dovrà pur dire quale possa essere. Perché una cosa è certa : dopo oltre quindici anni di finanziarie che non sanno piu’ dove spremere e chi crocifiggere, la situazione è al punto di partenza, ma con l’aggravante che il Paese, nel suo complesso, è fermo, cioè sostanzialmente in regresso.
Tutto questo dipende, a mio modesto avviso, e ciò sostanzialmente coincide con le Vostre elaborazioni ed osservazioni, da due fattori principali, che si intrecciano e si interconnettono tra di loro e che nel mio saggio costituiscono la parte centrale dell’analisi.
Non è cioè sostenibile ulteriormente che un Paese che si definisce civile, appartenente all’area piu’ evoluta del mondo, nella quale occupa, o occupava, un posto di rilievo nella graduatoria relativa, mantenga in piedi un sistema fiscale, da cui devono scaturire le risorse necessarie, divenuto complicato, complesso, farraginoso, inestricabile, tale da far diventare tutti gli addetti ai lavori sostanzialmente ignoranti e incapaci di operare, da un lato,mentre dall’altro risulta estremamente contraddittorio, sperequato nei confronti di chiunque intraprenda, insopportabile e assolutamente incivile!
E qui viene fuori l’argomento cardine da voi e da me affrontato ogni volta che ho potuto.
Lo scandalo, perché di questo si tratta, è l’illegittimità di una imposta come l’IRAP, che ha aggravato in modo esponenziale gli effetti distorsivi già creati dalla soppressa Ilor.
Non è completamente esatto ciò che mette in rilievo il “Sole”, che la base imponibile è gonfiata dai costi e che in gran parte sono diventati indeducibili. E’ vero anche questo, ma l’aspetto principale è costituito dall’IRAP, che da sola, anche senza il concorso degli altri costi indeducibili, può, come in effetti avviene, provocare effetti devastanti e non accettabili nella maniera piu’ assoluta.
Il servizio citato parla nell’occhiello di una pressione tra il 52 il 164%.
Nel mio saggio riporto alcuni casi di concreta applicazione dell’imposizione in quanto tratti da bilanci ufficiali, rispetto ai quali posso testimoniare direttamente l’assoluta assenza di manovre evasive od elusive. Tra le citazioni vi è quella di una società mista pubblico-privata

che in un anno ha realizzato un utile ante imposte di €. 20.973 ed ha pagato imposte per 102.053, chiudendo con una perdita civilistica di €.81.080, mentre l’anno successivo con una perdita di 336.570 euro ha pagato imposte per 84.475. Chi è che sa calcolare qual è la percentuale di tassazione su una perdita? Evidentemente il calcolo è impossibile. Ma è ancora piu’ scandaloso e inaccettabile il primo caso, cioè di un utile di modesta entità che viene trasformato in perdita e serve a far capire quale sia il meccanismo, mostruoso, ma certamente illegittimo attraverso il quale si può mandare in crisi un’azienda che riesce a realizzare un utile modesto. Prima viene prelevata l’IRAP sul costo del personale e sugli oneri finanziari, dopo di che l’Erario applica l’imposta IRES sul risultato ante imposte, cioè riesce a tassare un utile inesistente che ha già prelevato. Cioè tassa le imposte che ha già prelevato, ma le fa pagare all’Azienda! Non sono certissimo al 100%, ma credo sia unica al mondo. Al riguardo si possono fare molti esempi illustrativi e fornire migliaia di casi concreti.
Un Paese non può certo reggersi sulle illegittimità fiscali, fino a quando la Magistratura non le demolisce. Nessuna lotta all’evasione può essere condotta efficacemente dovendosi muovere in una giungla legislativa inestricabile e nessuna razionalizzazione può essere proposta se prima non vengono eliminate queste assurdità logiche e giuridiche, che falsano in modo aberrante il reale livello di pressione fiscale. In queste condizioni, men che mai si può pensare ad una riduzione della pressione fiscale generalizzata per mettere in moto un meccanismo virtuoso dell’economia, come vanno sbandieranno demagogicamente Berlusconi e Tremonti, scopiazzando la teoria di Laffer.
Inoltre, i piu’ recenti orientamenti della Comunità Europea tendono ad evitare differenze e sperequazioni fiscali tra i vari paesi dell’Unione, e quella dell’Irap italiana credo sia un classico di sperequazione capace di alterare le condizioni di parità nella competizione internazionale. Una idonea iniziativa, anche presso la Comunità Europea, in cui vengano spiegati bene i meccanismi di queste anomalie tutte italiane potrebbe produrre i suoi frutti.


Paola 01/08/2007

Francesco Calvano