lunedì 30 marzo 2009

L’ADUNATA OCEANICA E L’USCITA DALLA CRISI

Dall’adunata oceanica che ha dominato la scena di una delle tante commedie all’italiana, molto simile a quelle di Benito, di Hitler e di Stalin , si può trarre ben poco se non un paio di osservazioni piuttosto marginali.
La prima è l’accenno fatto sulla dialettica e l’alleanza tra Fini e Bossi, che una volta si beccavano e oggi sembrano felici e contenti, convergenti su tutto, con l’unico obiettivo di vincere e creare benessere al popolo. Intanto il Premier nonché leader totalitario del partito che egli con molta arroganza e prevaricazione definisce del popolo italiano, dimentica quanti improperi, pesantissime definizioni ed epiteti non già sul piano politico bensì su quello strettamente personale, gli ha rivolto Umberto Bossi dopo la rottura del primo Governo. Come si faccia poi a ritornare indietro e dimenticare gli apprezzamenti pesantissimi rivolti in precedenza si spiega in un solo modo, che è lo stesso che oggi fa da collante tra lui Bossi e Fini. Ed è quel maledetto collante che si chiama potere esercitato non mai nell’interesse del popolo ma per tornaconto personale e che ha tenuto legato per mezzo secolo quell’ammasso di personaggi e di correnti della Balena bianca, che comunque, rispetto alla mediocrità oggi dilagante, potevano vantare di un numero significativo di leaders di ben altro e ben alto spessore politico, sia in termini di competenza che di serietà.
L’altra annotazione è relativa all’affermazione tipica dei personaggi che si auto esaltano
allorquando proclamano che sapremo uscire dalla crisi vittoriosi e staremo meglio di prima.
In effetti, da questo punto di vista, un po’ di credibilità forse la merita, visto che già ha dato una grande dimostrazione di come ha saputo attuare il patto con gli italiani sin nei minimi particolari. Se dalla crisi usciremo con gli stessi risultati del patto stipulato nel salotto di Vespa, poveri italiani.
L’unica cosa quasi certa è che forse “staremo meglio di prima”, solo bisognerebbe precisare chi starà meglio e chi peggio. E’ innegabile e incontestabile che in tutte le crisi chi dispone di liquidi è in grado di rastrellare tutto ciò che gli altri perdono. Le grandi crisi, come le grandi guerre, però, provocano un altro effetto benefico, e cioè che quasi sempre le folle che partecipano, prima, alle adunate oceaniche, sono poi le stesse che dileggiano i leaders quando finalmente prendono coscienza. Non c’è da augurarsi ,quindi, che la crisi passi nel piu’ breve tempo possibile.
francesco calvano.

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sabato 28 marzo 2009

SUL TESTAMENTO BIO-ILLOGICO

INSERISCO NEL BLOG IL TESTO DEL COMMENTO INVIATO AL BLOG DI DI PIETRO:

Niente di piu' assurdo e inaccettabile che un governo di qualsiasi paese al mondo possa impadronirsi della vita e della morte di ogni singolo individuo.Questa non è mancanza di democrazia bensì l'annientamento totale lasciato nelle mani di scalmanati fanatici. Non mi dilungo oltre ma propongo, prima di arrivare al Referendum, di veicolare attraverso tutti i forum e i blog, un documento del tenore: Io sottoscritto.....dichiaro solennemente ora per allora che, qualora mi venissi a trovare nelle condizioni di non intendere e volere, rifiuto qualsiasi accanimento terapeutico che mi tenga in vita artificialmente, ivi comprese la nutrizione e la idratazione artificiali. Invoco libertà di decidere diversamente da me Gasparri, Berlsuconi, Sacconi, Buttiglioni, Casini e quanti altri, verso i quali mi impegno, nel caso si trovassero nelle suddette condizioni quando io sono ancora in vita, di tenergli una candela accesa fino al loro definitivo spegnimento. Il documento sarebbe da inviare per la custodia alla Presidenza della Repubblica, in esenzione di francobollo postale. Mi auguro che possano essere milioni.fcalvano

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martedì 24 marzo 2009

LE FOSSE ARDEATINE E IL POPOLO DELLE LIBERTA’

Oggi il Presidente Giorgio Napolitano ha solennemente celebrato l’anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, uno degli episodi piu’ atroci, raccapriccianti, odiosi che la storia mondiale ricordi, compiuto dai nazisti nella nostra Capitale, in collaborazione con i fascisti indigeni.
L’accorata celebrazione da parte del Presidente non poteva che richiamarsi a quegli ideali di libertà per i quali Egli ha sempre combattuto e nei quali ha sempre creduto.
Al suo fianco c’era anche il Presidente della Camera Fini che, credo per la primissima volta in modo così esplicito, ha elogiato la Resistenza e gli uomini della Resistenza che per abbattere il tanto odiato regime fascista e ridare la libertà al popolo italiano non hanno esitato a rischiare la propria vita e molti ce l’hanno rimessa. Né credo che questi ultimi, così come anche quelli che sono ancora in vita, sarebbero stati entusiasti nell’apprendere che uno dei discepoli prediletti, anzi il prescelto delfino del Capo dei neo-fascisti, oggi sieda sulla poltrona della terza carica dello Stato, e tra qualche giorno si accoppia con il Capo della nuova ondata autoritaria che pervade il Paese, e che hanno il coraggio di chiamare il popolo della libertà e il partito degli italiani.
Illustrissimo Presidente Napolitano, nel Suo discorso c’è quella che io considero una grande bufala, e cioè che la Storia è maestra di vita. La storia non ha mai insegnato un bel tubo a nessuno. Il popolo italiano ha impiegato poco piu’ di sessant’anni per ritornare agli eredi di un regime che era stato abbattuto con il sacrificio e la vita dei migliori tra gli italiani di allora.
Ho sempre davanti agli occhi la stupenda sintesi con cui Gianni Bisiach chiuse la sua lunga storia televisiva sul Fascismo. Ha accostato le due immagini simbolo del regime : le adunate oceaniche in Piazza Venezia a Roma e il corpo di Benito Mussolini, impiccato e penzoloni in Piazza Loreto a Milano con i cittadini che sfilavano e sputavano. Il commento di Bisiach fu, piu’ o meno, : è difficile pensare che quelle persone che prima applaudivano e poi sputavano non siano le stesse. Erano plebiscitarie prima e anche dopo, quindi le stesse. Oggi Bisiach potrebbe aggiungere una nuova immagine con i plaudenti del partito della libertà : sono sempre gli stessi! Mi si potrebbe obiettare che oggi Fini sembra sincero e schietto, nelle parole e nei fatti, nel condannare quel regime che ha sempre osannato e, addirittura, paradossalmente, nell’arginare le smargiassate e le assurde pretese del nuovo autoritarismo dell’uomo che si autodefinisce come campione della libertà e della democrazia. Si, per quanto paradossale, sembra esser proprio così. Le chiavi di lettura possono essere in conseguenza molteplici e diverse. Lasciamo al “popolo sovrano” la libertà e lo sfizio di decifrarle.
24/03/2009
Francesco Calvano
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martedì 17 marzo 2009

DOCUMENTO PER UN MOVIMENTO ALTERNATIVO CHE SALVI LAVORO E PAESE

– 1.Lo scoppio della devastante crisi che ha investito l’intero pianeta sembrerebbe aver colto di sorpresa, suscitando grande stupore, governanti uomini politici economisti grandi comunicatori, i quali si stracciano le vesti e tentano di addebitare il tutto allo scandalo dei sub-prime americani, che invece hanno avuto il solo merito di accendere la scintilla che ha provocato l’immenso incendio che ha messo a nudo il Re.
1. – La realtà è abbastanza diversa rispetto a quella descritta. Trattasi innanzitutto di una crisi strutturale, e non congiunturale, lo dicono benissimo la sua gravità, la sua profondità, la previsione di lunga durata, i milioni di disoccupati già creati, quelli che verranno, e tutto ciò non può che innescare un circolo vizioso che come sempre si avvita su sè stesso. Lo dicono le dichiarazioni clamorose che vengono rilasciate giornalmente da vari esponenti internazionali. Ogni giorno c’è qualcuno che si accorge che la crisi non si risolverà subito, che ci vorrà fine 2009, poi metà dell’anno 2010, poi la fine dello stesso anno. A questo punto dovremmo dichiarare di essere felici se almeno a quella data tutto sarà risolto. Ma per chi? Questo è il grande mistero.
2. Non è un mistero, invece, che il processo distorto di accumulazione della ricchezza durante i periodi di crescita forsennata dell’economia , realizzata da imprenditori sani e seri, ma pompata da migliaia di malfattori, imbroglioni internazionali, speculatori di ogni risma, sarebbe sfociata prima o poi in una crisi drammatica. Jeremy Rifkin, già nel 1996, con il suo rivoluzionario testo “la fine del lavoro” aveva abbondantemente documentato come il processo di accumulazione capitalistica, imperniato non piu’ sull’uso dei vecchi macchinari, bensì sulle innovazioni del ciclo tecnologico-informatico avrebbe creato milioni di disoccupati. Dopo circa 10 anni egli ha aggiornato i dati ed ha documentato quali erano gli effetti di questo “progresso” : ad un aumento di produttività dei lavoratori ha fatto riscontro l’espulsione di 31 milioni di lavoratori in ogni angolo del mondo.
Ancora, 5 anni fa altri due illustri economisti americani, iper liberisti, Laurence Kotlikoff e Mordekai Kurz, della scuola di Friedman, lanciavano segnali allarmanti in giro per il mondo : il primo, affermando che “gli USA sono come l’Argentina, cioè in bancarotta, e l’Italia è simile agli USA”; il secondo, sostenendo la necessità di ” una forte revisione delle idee neo-liberiste per adeguarle alle richieste crescenti e sempre piu’ pressanti delle classi sociali piu’ bisognose e piu’ sensibili, a cominciare dal vecchio e superato ceto medio”.
4.- Sorprende ed è quasi paradossale che un altro illustre economista di casa nostra, pure lui iper liberista, come il Prof. Giavazzi si sorprenda e si stupisca del perché ci troviamo sull’orlo di un abisso, attribuendone le cause alla crisi di sfiducia subentrata negli operatori e quindi nei mercati finanziari. Ma questo ci pare sia l’effetto e non la causa, né tanto meno, come sostiene il Premier Berlusconi la fiducia può essere somministrata alle famiglie a pillole o fiale. Le famiglie hanno bisogno, piuttosto urgente, di ottenere lavoro e redditi per poter riprendere fiducia, spendere e sopravvivere. E forse l’economia potrebbe ripartire e anche durare, se ci fosse una classe dirigente capace di imprimere una svolta radicale nel rapporto impresa-lavoro.
5. – Le tesi sostenute dagli Economisti americani, che non sono né marxisti leninisti né maoisti, ma che insegnano nelle piu’ prestigiose Università USA, a cominciare da Boston,
e quelle sostenute da Giavazzi, Berlusconi, Tremonti e compagnia, fanno un po’ a cazzotti, proprio su un principio base, che rappresenta poi la filosofia di fondo con la quale si concepisce il rapporto tra le classi sociali e su come avviene il processo di produzione, distribuzione e di accumulazione dei redditi. Giavazzi si sorprende parecchio dell’arrivo della crisi dal momento che, lui afferma, non si era mai verificata una crescita così impetuosa dell’economia come nell’ultimo decennio precedente la crisi. Ma è proprio intorno a questi concetti che vanno trovate le radici e le cause dell’attuale crisi, nonché sulla sua profondità e durata. Se tanti illustri economisti, di scuola e orientamenti liberisti, come Rifkin, Kotlikoff, Kurz, Naomi Klein, gli stessi Friedman e Mario Monti, hanno lanciato importanti segnali di allarme sul tipo di crescita, sul modo in cui viene distribuita la ricchezza, sulle grandi manovre che vengono concesse ai piu’ spericolati speculatori e truffaldini in tutto il mondo, fino a proporre una “forte revisione delle idee neo-liberiste”, hanno un senso e una qualche importanza, allora vuol dire che solo i ciecosordomuti non hanno voluto e non vogliono né vedere, né sentire, tanto meno recepire. Che cosa?
Che è proprio durante i periodi di floridezza e di crescita impetuosa dell’economia che avvengono le piu’ stridenti distorsioni in quel processo di accumulazione e distribuzione della ricchezza, per cui i ricchi continuano ad accrescere a dismisura i loro patrimoni e le classi lavoratrici si impoveriscono sempre di piu’, fino ad arrivare alla perdita del posto di lavoro, all’umiliante elemosina della Cassa integrazione per chi ha la fortuna di averla, e alla povertà piu’ nera per i piu’ discriminati, tra i quali rientrano oggi tutti i giovani precari. Siamo arrivati all’atto criminale piu’ orribile : stiamo uccidendo generazioni di giovani, ossia il futuro dell’umanità. Milioni di precari che anche quando trovano un lavoro non possono fare alcun investimento sul futuro e rischiano pensioni da fame.
6. – La conferma piu’ eclatante e non confutabile di quanto detto viene fornita dal Supplemento al Bollettino statistico pubblicato dalla Banca d’Italia sulla “ricchezza delle famiglie italiane”, che rende noti i dati dal 1995 a tutto il 2007, da cui si può desumere come questa sia cresciuta ogni anno, con un ritmo piu’ contenuto nel 2007.
La ricchezza complessiva posseduta dalle famiglie , al netto delle passività finanziarie, ammonta a 8.512 miliardi di €uro, di cui €. 5.570 è riferita ai beni reali (immobili e assimilati) ed €.2.942 rappresenta la ricchezza finanziaria al netto delle passività.
Anche se è facilmente presumibile ed intuibile che la ricchezza reale abbia la stessa appartenenza di quella finanziaria, occupiamoci per il momento di quest’ultima per rilevare come il rapporto Bankitalia metta in rilievo che il 50% di essa appartiene al 10% circa delle famiglie piu’ facoltose. Quindi se la matematica non è una opinione, ciò significa che all’incirca 1.471 miliardi di €uro appartengono alle famiglie piu’ ricche del Paese.
7. – Prima di esaminare una proposta su un eventuale utilizzo di una parte di tale ricchezza ai fini di porre mano seriamente alla soluzione di una crisi così grave e devastante, occorre soffermarsi su un altro aspetto di grande rilievo ed importanza a questo scopo.
Berlusconi e Tremonti non si stancano di ripetere che l’Italia sta meglio di altri Paesi e che quindi l’Italia dovrebbe risentire di meno degli effetti della crisi e dovrebbe uscirne prima degli altri.
A parte la circostanza che è abbastanza notorio il fatto che l’Italia sia stata da sempre considerata la Cenerentola in senso all’Europa, con un ritmo di crescita sempre inferiore agli altri, con un tasso di inflazione sempre piu’ alto, ma soprattutto con un deficit e uno stock del Debito Pubblico paurosi, tali da indurre la UE a sottoporci a sorveglianza speciale, quello che poi realmente conta è ciò che è nei fatti e che tutti gli italiani stanno vivendo da qualche decennio.
Il Debito Pubblico accumulato dall’Italia, a partire dai primissimi anni ’80, è giunto alla ragguardevole, abnorme cifra di 1.680 mld di €uro, pari a circa 3 miloni 350 mila miliardi di vecchie lire, il che significa che :
- sono trent’anni che non vengono fatte opere infrastrutturali;
- è dal 1992 che non solo non vengono destinati fondi e risorse agli investimenti ed agli incentivi a famiglie e imprese ma, ogni anno, vengono rastrellati con le invenzioni piu’ fantasiose i pochi spiccioli a piccole imprese e famiglie allo scopo di far quadrare i conti, cioè ripianare il deficit pubblico annuale;
- questo è determinato in grande misura dall’enorme cifra che viene pagata per gli interessi sul Debito, che attualmente ammontano a circa 70 mld di €uro annui, ma solo grazie alla bonaccia dei tassi di interesse, solo che se questi dovessero aumentare (prima o poi avverrà) la cifra è destinata a salire; come dimostra l’esperienza di questi giorni, il Debito sale sia nei periodi di crisi (diminuendo i redditi e le entrate fiscali, oltre le risorse per la crisi) e sia nei periodi di crescita (per l’aumento dei tassi);
- ed è la somma che manca annualmente per rilanciare consumi ed investimenti, che in conseguenza anziché essere incentivati vengono depressi e da qui trae origine la bassa crescita, o sostanziale stagnazione, dell’economia italiana di questi anni;
Tutto ciò ha provocato effetti gravemente deleteri e per alcuni versi grotteschi sull’intero assetto sociale e produttivo del paese, quali :

- la mancanza di carta e di apparecchiature nei Tribunali;
- La mancanza di benzina per le Forze dell’ordine;
- Il taglio ai fondi alla scuola e alla ricerca, in un paese in cui, per bocca del responsabile della protezione civile, si apprende che oltre il 50% del patrimonio edilizio scolastico non è in sicurezza;
- Una compagnia di bandiera sostanzialmente fallita;
- Un servizio ferroviario diviso in due tronconi, uno con i treni di lusso superveloci e l’altro a livello di terzo mondo;
- Un Paese letteralmente spaccato in due, con un Nord che arranca per agganciarsi all’Europa e un Sud che tenta disperatamente di non sganciarsi per non sprofondare in Africa, un livello di disoccupazione nel primo intorno al 7-8% (in crescita ora) e nel secondo intorno al 30%, con alcune Regioni, come la Calabria che stanno sprofondando sotto il fango; sempre secondo il responsabile della protezione civile per mettere in sicurezza il territorio calabrese occorrerebbe una somma superiore a quella che il Governo ha stanziato finora per fronteggiare la crisi. Senza tali interventi, peraltro, ammesso che Berlusconi faccia mai il Ponte sullo stretto, per arrivarci sarà possibile solo via aerea, poiché l’intera dorsale autostradale è in frana.
- Un Paese, insomma, ridotto tanto alla “deriva” che è proprio difficile immaginare stia meglio degli altri Paesi europei e uscirà prima degli altri dalla crisi.
8.- Il nostro Paese in crisi latente c’è da almeno 30 e piu’ anni e ci rimarrà a lungo o per sempre se non si ha il coraggio di affrontare concretamente il cancro del Debito Pubblico.
Senza una soluzione di questo tipo le poche risorse disponibili non potranno che essere assorbite anche in futuro dagli interessi da pagare a quel 10% di cittadini o famiglie che possiede già il 50% della ricchezza.
Ed allora, rinviando per il momento il discorso sui beni reali, ipotizziamo che si faccia ricorso ad un prelievo straordinario, una tantum, con una aliquota del 10% sull’ammontare di tale ricchezza finanziaria, che è liquida ed esigibile, il gettito che ne deriverebbe sarebbe pari a 147 miliardi di €uro.
Volendo sia prelevare che utilizzare tale somma nell’arco di 4 o anche 5 anni, si potrebbe intervenire immediatamente con uno stanziamento di oltre 30 mld di €uro per fronteggiare la crisi e far ripartire il motore. Un tale stanziamento sarebbe di ben 4 volte superiore all’intervento preventivato dal Governo, il quale per raggiungere i 7-8 mld da destinare alla crisi ha dovuto reperirne circa 2 e mezzo stornandoli alle Regioni, ricorrendo cioè al gioco delle tre carte. I residui 100 e piu’ potrebbero essere destinati al pagamento degli interessi per i prossimi 4-5 anni, adottando, contestualmente al prelievo, un’altra misura di finanza straordinaria statale che nel secolo scorso è stata adottata diverse e svariate volte dai Governi di tutti i colori politici.
Quando sopraggiunge una crisi così devastante come l’attuale, essa può provocare danni ed effetti irreversibili, distruggendo ricchezza, occupazione, famiglie, e ridisegnando un nuovo scenario nel quale molti dei protagonisti precedenti escono di scena per sempre. Ma possono, quasi paradossalmente, costituire un’ottima occasione per capovolgere un trend negativo in positivo e quindi diventare un’occasione unica da sfruttare se al Governo siedono persone colte e preparate, ma soprattutto se ricoprono quei ruoli e quegli incarichi per operare nell’interesse dell’intera cittadinanza e del Paese.
In questo preciso momento l’occasione è d’oro per attuare una manovra come quella accennata piu’ sopra. I tassi di interesse a livello mondiale sono al minimo storico. L’Euribor è all,1,70%, quello BCE all’1,50% e proprio oggi l’asta dei Bot si è attestata intorno all’1%. Se si avesse il coraggio e la consapevolezza di voler uscire una volta per tutte dalla morsa e dall’oppressione del Debito Pubblico, oltre al prelievo una tantum sopra ipotizzato occorrerebbe varare contestualmente un provvedimento di consolidamento degli interessi sui titoli pubblici, fissandoli per esempio all’1,50- 2% per un periodo di almeno 10 anni, rinegoziando eventualmente in via anticipata tutti quelli non a scadenza immediata. Il provvedimento dovrebbe riguardare naturalmente sempre la stessa categoria di persone interessate dal prelievo straordinario, a cui andrebbero aggiunte le Banche le Assicurazioni ed altri soggetti che finora sono coloro che hanno lucrato la stragrande parte dei lauti tassi corrisposti in passato e si sono letteralmente arricchiti sulle spalle della collettività. Quasi l’intero stock del Debito si trova nelle loro mani. In tal caso il costo del debito si ridurrebbe drasticamente ad una cifra compresa tra i 25 e i 30 mld, ma soprattutto si avrebbe la certezza e la tranquillità che in caso di inversione di tendenza, sempre possibile e sempre temibile, il costo del debito non ridiventi un cappio al collo.
Una cifra di tale entità verrebbe pagata per i primi 4-5 anni con quel famoso residuo attivo del prelievo straordinario e per i restanti anni con risorse possibili da reperirsi, se nel contempo viene programmato un graduale rientro dello stock del Debito, reso possibile e praticabile dai seguenti nuovi scenari e ulteriori interventi sul lato della spesa :
- Dato per scontato che il costo del debito per i primi 5-6 anni verrebbe assicurato con il prelievo straordinario una tantum e il consolidamento dei tassi di interesse sui livelli attuali, le risorse impiegate finora per pagare gli interessi sul debito, i famosi 70 miliardi di €uro circa, potrebbero venire destinati in gran parte al graduale rientro dello stock e per il resto destinati a politiche di stimolo e sviluppo e senza piu’ ricorrere a Finanziarie che chiamano a contribuire annualmente la massa dei cittadini.
- Tale processo dovrebbe infine essere stimolato da numerosi provvedimenti sul lato delle economie di spesa, ad incominciare dall’abolizione di Province, Comunità Montane, Consorzi ed Enti vari, passando le competenze ai Comuni, abolizione di tutti gli altri Enti inutili, sempre annunciata e mai attuata, al ridimensionamento in generale dei costi della politica e del sottobosco governativo, dal ridimensionamento di stipendi e premi ai grandi managers, pubblici, parapubblici e privati.
- Il ridimensionamento del Debito e la riduzione del suo costo in termini annuali dovrebbe invertire il trend dello sviluppo dell’occupazione dei salari e innescare così, finalmente, un processo virtuoso anziché vizioso.
9. - Per realizzare tutto ciò e disegnare un diverso e complessivo assetto delle società in ciascun paese del mondo, che nella fase attuale stanno per diventare un grande unico Paese globale, separato solo da qualche Oceano che si sorvolano con aerei sempre piu’ veloci ma soprattutto collegati in tempo reale dalla magia della Telematica, occorre che vi sia una sostanziale convergenza su questi contenuti, che dovrebbero facilmente diventare patrimonio delle masse, da parte di quanti li condividono e siano capaci e in grado di superare vecchie impostazioni, vecchi dogmi, vecchie rispettive appartenenze e concentrarsi su ciò che realmente interessa l’intera collettività per ridisegnare un diverso mondo possibile.

10 . - Per esempio, ex marxisti, ex democristiani, attuali appartenenti al mondo cattolico, se si spogliano dei loro interessi ristretti di parrocchia, e pensano come il Dalai Lama che “questo tipo di globalizzazione dovrebbe essere contrastata perché, anziché diminuirlo, accresce sempre più il divario tra ricchi e poveri.”, per cui è condivisibile “l’etica del Marxismo che ha “l’aspirazione a una certa uguaglianza degli esseri umani, l’idea che tutti dovrebbero avere almeno una condizione dignitosa, che esista un livello di povertà e indigenza sotto il quale non si dovrebbe mai scendere. Trovo che vi sia qualcosa di etico in questa attitudine che ha delle consonanze profonde con l’etica della dottrina sociale dei cristiani.
11. – Infine, è auspicabile che possa trovare applicazione l’idea suggerita da Rifkin : “” ridar vigore al movimento sindacale, estendendo il suo raggio d’influenza geografico in modo che possa far fronte a quello del capitale finanziario….creare reti di comunicazione diretta fra i cittadini su scala globale per contrapporre al gioco a rubamazzo la solidarietà dei lavoratori e delle popolazioni locali….per ridistribuire ovunque la maggior ricchezza prodotta e stimolare i consumi….l’Epoca Industriale ha posto fine alla schiavitù, l’Era dell’Accesso sta ponendo termine al lavoro salariato di massa…dobbiamo prepararci a vivere in una nuova era in cui si lavorerà poche ore a scopi utilitari, dedicando più tempo all’arricchimento della vita sociale”.

12. – CONCLUSIONI –
Nel nostro Paese, piu’ che altrove, l’impegno e la possibilità di realizzare queste idee, o almeno di condividerle con grandi strati di popolo, è resa irta e difficile, oltre che dalla presenza di un potere capitalistico borghese arcaico e ottuso, che dispone di ingenti risorse, anche per le divisioni continue negli schieramenti di sinistra e progressisti; è quasi impossibile da realizzare dialogando con i vertici, per cui occorre inventarsi delle strategie che possano far giungere questi contenuti a tutti i lavoratori e i cittadini di base, perché è difficile immaginare che i compagni dell’ex D.S.-PCI, dell’ex PSI,dell’ex PSDI, della sinistra c.d. radicale, dell’ex DC etc etc. non condividano le scelte e i punti programmatici che richiedono una maggiore giustizia sociale, una piu’equa distribuzione della ricchezza, il giusto riconoscimento ai salari dei lavoratori, i quali ultimi, a dispetto dei vertici delle Organizzazioni sindacali in cui militano o vorrebbero militare, dovrebbero ribellarsi e imporre la riunificazione delle varie sigle sindacali per procedere lungo il percorso indicato da Rifkin.
Solo tale percorso potrà salvare l’umanità e obbligare i Governi, come quello italiano, che anziché continuare a pensare a improbabili centrali nucleari, il cui solo termine evoca distruzione e morte, si decidano ad attuare politiche energetiche ed ambientali che rendano possibile la continuità di vita sul Pianeta Terra, ove i cittadini e i lavoratori possano ritrovare la gioia di vivere. Paola 14/03/09
Francesco Calvano

p.s.: L’imposta straordinaria comporterebbe come sua implicita applicazione che tutti i contribuenti al di sopra della soglia fissata producanouna dichiarazione straordinaria attestante l’attuale entità ecomposizione del proprio patrimonio, e su questa base pagare l’aliquotastabilita, evidentemente con un minimo di progressività.Con ciò si creerebbero i presupposti ed i necessari parametri diriferimento per applicare l’unica norma possibile per rendere lalotta all’evasione efficace.La norma di cui parlo è stata recepita nel D.P.R. 29/09/1973, n.600, recante le norme relative all’accertamento. Il 5° comma dell’art.38 così recita: “Qualora l’ufficio determini sinteticamenteil reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementipatrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo provacontraria, con redditi conseguiti,in quote costanti, nell’anno incui è stata effettuata e nei quattro precedenti”.
Ciò significa fare sul serio la lotta all’evasionee non chiedersi, come avviene oggi, da dove escono fuori lemacchine di super lusso, le imbarcazioni da nababbi, le ville faraoniche.

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venerdì 6 marzo 2009

IL GIOCO DLLE 3 CARTE in un quadro tragicomico

Il primo Atto della commedia all’italiana si è concluso, il secondo, al massimo il terzo, sarà molto verosimilmente tragicommedia, con accentuazione del primo termine. Alla fine del I° Atto ognuno ha chiarito le proprie posizioni. Il Governo dice che, mentre gli altri parlano, Gasparri Cicchetto ma soprattutto Lui, cui si è aggiunto di recente anche Capezzone, operano per il bene e nell’interesse del Paese. Hanno stanziato circa 7-8 miliardi, parte dei quali li hanno sfilati alle Regioni, come se quei soldi non erano comunque destinati ad essere spesi da parte di queste ultime, si presume in favore dei propri amministrati, diversamente dovremmo ipotizzare che avevano intenzione di metterseli in tasca, come purtroppo di sovente è avvenuto. Le opposizioni, con in testa Veltroni, i Sindacati, il residuo della sinistra radicale si affannano ad affermare che ciò che ha stanziato il Governo è troppo poco e nientemeno propongono una cifra quasi doppia. A sorpresa, si è affiancata sulle stesse posizioni anche il Presidente di Confindustria. Non manca nessuno. Solo, forse, qualche esperto e il gran coro dei mass media, che stavolta non sanno se condividere le miserie governative o le balle degli altri. Ed è qui che la Commedia rischia concretamente di trasformarsi in tragedia. A prescindere dall’osservazione preliminare e fondamentale che anche l’entità delle misure rivendicate dalle opposizioni rappresentano poco piu’ di un pannicello caldo (quasi un terzo della manovra finanziaria fatta da Prodi!) di fronte alla profondità della crisi che ha travolto il mondo civile e capitalisticamente avanzato dell’Occidente (che non si capisce bene se potrà sopravvivere, o bisognerà pensare ad un Mondo possibile avviando un periodo di “decrescita felice”, come sostiene Maurizio Pallante), il dato di fondo è che quei 16 miliardi che rivendicano le opposizioni non esistono neanche nella mente di Dio, per chi ci crede. Diversamente, non si capirebbe perché per racimolare quegli otto che dicono di aver destinato ad arginare la crisi, li abbiano sottratti in parte alle Regioni e in parte continuando nel gioco perverso delle “tre carte”. C’è solo da aggiungere l’aggravante che il nostro Paese, a differenza di molti altri, era già alla deriva , prima che arrivasse la crisi, per come ampiamente documentato nei libri di Stella e Rizzo.
E dov’è allora il torto di Veltroni e compagni? Loro rivendicano il raddoppio, che rimane comunque una miseria, sanno che i soldi non ci sono, e non indicano dove recuperarli. La massima Istituzione economico-finanziaria del Paese, la Banca d’Italia, pubblica puntualmente ogni anno con molta enfasi i dati circa la distribuzione della ricchezza finanziaria del Paese e ci illumina sulla circostanza, non secondaria, che il 50% di detta ricchezza è concentrata nelle mani di un 10% di cittadini. La Banca d’Italia, per il suo ruolo solennemente istituzionale, non può suggerire ai politici che è proprio questo il serbatoio da cui attingere, ma dà proprio l’impressione precisa e difficilmente opponibile, che avrebbe tanta voglia di dirlo!!!
Naturalmente a quel 10% bisognerebbe aggiungere una platea di altri soggetti, come ad esempio le Banche, le Assicurazioni etc etc, per la ragioni da me illustrate nel saggio “Perché urge la Patrimoniale”, edito all’inizio del 2007 e inserito integralmente sulla rete.
Allora quali sono le ragioni vere, profonde, perché, prima che si avveri il sogno di Pallante, nessuno della c.d. sinistra, dei Sindacati, degli esperti, degli economisti, dei commentatori che sfilano nelle trasmissioni televisive, delle associazioni di categoria, dei giornalisti, etc etc etc. osa ventilare una ipotesi e una proposta che una volta per tutte attuerebbe quel minimo di giustizia suprema che vorrebbe una piu’ equa distribuzione della ricchezza, a parole affermata e riaffermata da tutti, compresi i liberisti puri, e nel concreto avversata da tutti ?
Forse hanno paura che anche il Premier, in tal caso, dovrebbe contribuire in modo discreto oppure temono che ìn quel 10% vi rientrano tutti coloro che hanno fatto e fanno politica da anni e che con il loro scellerato operare hanno consentito che un popolo venisse affamato con 1.680 miliardi di €. di debiti sul groppo, che quei soggetti hanno intascato?
Ai posteri l’ardua sentenza???
francesco calvano.

L’ABISSO DI GIAVAZZI E LE ISTRUZIONI DI TREMONTI

In quest’ultima settimana vi sono stati alcuni accadimenti, che ritengo siano di straordinario e decisivo interesse per analizzare e capire la grave e per molti aspetti insolubile crisi che stiamo vivendo. Sul Corriere della Sera di domenica 22 febbraio sono stati pubblicati, in contestualità, tre interventi assai illuminanti. Il Governatore Draghi ha scritto (pag.8) che per le Banche italiane il rischio maggiore deve ancora venire ed ha sottolineato, allarmato, l’immenso problema della disoccupazione, mettendo in risalto che nel corso del 2009 scadranno i contratti di 2,4 milioni di precari, che verosimilmente diventeranno disoccupati. Una conferma così autorevole a quanto vado denunciando da qualche mese non l’avrei neanche sognata. A quei milioni di disoccupati, temuti dal Governatore, bisogna aggiungere quegli altri milioni che ancora non sono stati licenziati, di cui alcuni già messi in cassa integrazione ed altri in attesa. Quindi, per l’Italia, la vera crisi non è neanche iniziata, e solo grazie a questa circostanza il Governo può permettersi il lusso e l’ardire di stanziare pochi spiccioli che suonano offesa per i lavoratori, le famiglie e il buon senso comune.
Il secondo intervento è quello del Superministro Tremonti, secondo il quale la crisi si supera cambiando le regole contabili suicide, ossia sospendendo le regole di Basilea 2, cioè quel complesso di norme dettate dalla comunità europea che le Banche sono tenute ad osservare per evitare di concedere crediti facili, imitando le disastrose disavventure delle Banche americane o rischiando di aumentare i crediti in sofferenza che, secondo il Governatore, a Gennaio sono aumentati del 70% rispetto all’anno prima. E’ impossibile avere la botte piena e la moglie ubriaca, a meno che Tremonti non voglia affossare anche le Banche alle quali presta poi i soldi al 7,50 od 8%. Il terzo intervento, quello piu’ istruttivo e illuminante, è il “fondo” dell’economista Francesco Giavazzi, che ci spiega come salvarci dall’abisso! Egli osserva che i beni che costituiscono la ricchezza nel mondo sono ancora lì, in piedi, che i lavoratori hanno la medesima esperienza di ieri (trascurando il piccolo particolare che ieri erano dentro le fabbriche e oggi sono fuori), e che tutto sarebbe da attribuire ad un perverso diabolico funzionamento dei mercati borsistici. “E’ la sfiducia che ha trascinato il mondo in questa situazione assurda”, prosegue, per cui non bisogna dimenticare che “mai il mondo era cresciuto tanto rapidamente quanto nel decennio precedente la crisi”, poi alcuni banchieri si sono trasformati in “speculatori aggressivi ed hanno trasferito il rischio su contribuenti ignari”. Illustre Prof.Giavazzi, poiché nessuna casa farmaceutica ha ancora brevettato la sintesi chimica della fiducia, questa non può essere somministrata in pillole e, nonostante i reiterati inviti del Cavaliere, mi creda che è assai difficile, direi impossibile, far capire e convincere milioni di disoccupati e di famiglie in stato di povertà che debbono essere loro a risanare l’economia con la loro fiducia! Ma, soprattutto, in qualità di Economista, non Le sfiora il dubbio che :
- la “crescita mai verificatasi prima con tanta rapidità” sia tra le cause principali, se non l’unica, che ha determinato la crisi? Non è stato scritto, da qualche decennio, ed in un certo senso anche dimostrato, che quanto piu’ cresce l’economia e il PIL, che ne misura l’intensità, tanto piu’ avvengono quei vorticosi e distorsivi processi di accumulazione della ricchezza, con la conseguente creazione di disuguaglianze e ingiustizie sociali per cui i ricchi continuano ad accumulare e i lavoratori diventano sempre piu’ poveri?
- l’attuale crisi, da tutti giudicata grave drammatica di lunga durata sia una crisi di sovra produzione ? non vede le fabbriche e i piazzali dei produttori di auto sovraccarichi di merci e di macchine che, da Torino agli USA alla Cina, non sanno a chi venderle perché le masse non hanno piu’ i soldi per sopravvivere?
- E se è così, perché così è, non pare a Lei e a tutti gli improvvisati governanti italiani che quanto piu’ si adottano misure per ridare fiato a chi produce (come lo sciagurato incentivo sugli straordinari!!!) tanto piu’ si acuisce la crisi?
- Per salvarsi dall’abisso l’unica via, praticabile con immediatezza, sia quella di redistribuire almeno parte della ricchezza sottratta finora alle famiglie, in modo che con molta fiducia riprendano a spendere e mettano in moto l’economia?
Dall’altra parte dell’Atlantico, nel Paese piu’ capitalista e liberista al mondo, governa in questo momento un leader che ha avuto il fiuto e l’intuito di annunciare almeno due cose fondamentali, che dovrebbero costituire la filosofia di ogni Governo : attuare immediatamente una politica di redistribuzione dei redditi, con tassazione piu’ gravosa per i ricchi e servizi sociali ai meno abbienti associata al cambiamento radicale, per quel paese, di una politica energetica ed ambientale che tenti di salvare il Pianeta. Mentre da noi ancora si ha la spudoratezza di parlare di centrali nucleari, che il popolo ha già bocciato, e che rischiano la distruzione dell’umanità, anziché privilegiare le forme di risparmio energetico che in molte realtà territoriali imprenditori ed amministratori locali hanno ampiamente sperimentato con successo. Solo che il risparmio energetico non concorre alla crescita del PIL, ma va a diretto beneficio delle famiglie, mentre le centrali nucleari e la produzione di nuova energia vi concorrono, con vantaggi enormi per chi ne sarà il detentore!
In conclusione per salvarci dall’abisso, egregio prof Giavazzi, sarebbe il caso che almeno le opposizioni, i sindacati, gli esperti, i giornalisti, i conduttori TV come Floris, Santoro ed altri, anzichè arzigogolare sul sesso degli angeli, ponessero ai governanti che si trovano a passare nelle loro trasmissioni una semplice domanda : è disposto il Governo italiano a prelevare da quel 10% di cittadini che detengono il 50% della ricchezza finanziaria (sottolineo solo finanziaria) per ridistribuirla alle famiglie dei lavoratori onde rimettere in moto l’economia e salvare il Paese?
francesco calvano

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