martedì 7 marzo 2006

Lettera aperta a Fabrizio Galimberti e al Direttore de “Il Sole-24Ore”

Caro Galimberti,
leggo solo oggi il fondo del 2 marzo pubblicato su “Il Sole”.
L’analisi è come sempre quasi perfetta. Quasi perché, a mio modo di vedere, lo stato generale dell’economia e della finanza pubblica è peggiore di quella descritta e stento a credere che il sistema delle imprese, senza che vi sia una grossa iniezione di mezzi e di fiducia, riesca a trovare la forza per ripartire. Molti sono gli scenari che sono cambiati a livello mondiale e tutti però contro la fragile economia italiana. Per questo ritengo che all’analisi manchi la risposta adeguata, che richiede coraggio.
Peraltro, indipendentemente da quello che pensiamo io e Lei e altri autorevoli commentatori, le decisioni verranno poi prese da chi avrà conquistato le leve del potere. E i due candidati a premier stanno facendo a gara a chi promette ogni genere di defiscalizzazione e contemporaneamente ogni genere di aiuto e di sostegno, senza mai indicare dove si trovano le risorse.
Una brevissima panoramica sullo stato dell’economia, fisco e debito pubblico, credo ci possano dare un quadro piu’ esatto e realistico. Se si eccettuano Banche Assicurazioni e Imprese di servizi, che continuano a macinare utili stratosferici, tutto il resto dell’apparato industriale è stretto da una crisi che appare obiettivamente comatosa : ai motivi elencati nel fondo citato, penso vadano aggiunti, perché sono una componente presente sul mercato, l’insostenibile concorrenza dei paesi emergenti, difficilmente arginabile, con buona pace di Tremonti, aggravata dall’enorme ritardo nel settore della ricerca e innovazione. Il fisco è un’autentica giungla, dove nessuno, né professionisti né addetti ai lavori, riesce piu’ a districarsi, con sperequazioni, ingiustizie e squilibri che, come nel caso dell’IRAP, possono portare la tassazione di fatto per le imprese anche al 200 o piu’ per cento, altro che livello di pressione attorno al 41% del PIL! Come si possa fare a immaginare tagli e modifiche non si riesce davvero a capire, quando occorrerebbe una riforma così radicale il cui primo articolo dovrebbe recitare : “a partire dal 2007 sono abrogate le circa 40 mila disposizioni fiscali in vigore”.
Terza nota dolente, il debito pubblico. In qualche confronto precedente, sia attraverso le colonne de “Il Sole” che con scambio epistolare privato, Lei era pronto a scommettere che il rapporto debito/Pil sarebbe continuato a scendere. E’ passato qualche anno ma l’inversione di tendenza è arrivata puntuale. Rischia di accentuarsi pericolosamente con il rialzo dei tassi di interesse e di trascinare l’intero paese nel caos piu’ assoluto. Voi tutti siete molto piu’ esperti e competenti di un povero professionista di provincia, per non sapere che il livello dei tassi, per mille ragioni, non può rimanere in eterno a livelli così bassi come in questi ultimi anni. Prima o poi doveva intervenire l’inversione, è arrivata, rischia di aggravarsi e a pagarne le conseguenze saranno quei paesi, Italia in testa, che non sono riusciti in anni di autentica bonaccia a risanare i conti. Anzi!
A questo punto, la prima domanda d’obbligo è se è ancora disposto a scommettere, la seconda se è ancora contrario all’introduzione di una manovra straordinaria di finanza pubblica, che nel nostro caso sarebbe rappresentata da un’imposta straordinaria (una tantum) sui grandi patrimoni, per diversi ordini di motivi.
Primo. Le manovre straordinarie sono state storicamente varate ogni qual volta il debito ha superato il PIL.
Secondo. Le stesse non sono né di destra né di sinistra; le ha varate Mussolini in Italia , i governi conservatori inglesi, quelli dell’America latina e via dicendo.
Terzo. La montagna del debito si è formata a causa degli altissimi tassi di interesse corrisposti sui titoli di stato e i grandi patrimoni si sono accumulati grazie a tutto ciò; sarebbe quindi giusto equo e riparatore che una parte del malloppo venisse restituita alla grande massa dei cittadini, a spese dei quali si è formata.
Quarto. Sarebbe interesse degli stessi detentori dei grandi patrimoni concorrere al rilancio dell’economia e del paese, prima che tutto frani, compresi i grandi patrimoni.
Quinto. Non si riesce veramente a capire come senza una manovra straordinaria, che concorra ad abbassare il livello del debito e costituisca lo start up per innescare un processo virtuoso di sviluppo e di rilancio dell’economia, a cominciare dalle risorse necessarie per innovazione e ricerca, si possa pensare che il paese riparta dando un bonus ai bebè o abbassando indiscriminatamente le tasse.
Sesto. L’ultima cosa che non si riesce a capire è come mai nessuno (società di sondaggi, politici, candidati, giornali economici, settimanali di inchiesta), pronti a lanciare sondaggi sul sesso degli angeli, siano disponibili su un argomento così decisivo a passare la parola ai cittadini per conoscere il loro orientamento al riguardo.
Credo sarebbe un atto dovuto.
Cordialmente.
Paola 07/03/2006
Francesco Calvano

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