On/li compagni,
Avete gettato le basi per costruire una sinistra alternativa, che chiamerei una forza che sta a sinistra degli attuali schieramenti politici, dal momento che l’altra sinistra, a cui dovrebbe essere alternativa, non esiste piu’ da tempo, quindi da molto prima che decidessero di chiamarsi con il vero nome di partito democratico.
L’esigenza e la necessità è molto presente e diffusa tra vecchi compagni, ai quali io appartengo, e tra le nuove generazioni. Per capire però quanto la nuova formazione sia rispondente alle aspettative e alle speranze dei potenziali interessati, occorre rispondere alla stessa domanda che ieri si è posto Franco Giordano durante la trasmissione con Lucia Annunziata a proposito del PD. E cioè qual è il progetto politico, la strategia che caratterizza il nascituro e che possa differenziarlo dal resto delle forze centriste e di destra sempre in temibile agguato.
La stessa domanda credo vada posta a proposito della formazione che voi volete costruire.
Posto che abbiamo rinunciato definitivamente a qualsiasi velleità rivoluzionaria, certamente non attuale e non proponibile nell’attuale contesto storico e socio-politico, e che necessariamente bisogna convivere con il sistema democratico ed elettoralistico, accettando conseguentemente anche l’assetto e la struttura capitalistica presente, ne discende che occorra quanto meno fare una scelta di campo precisa, delineando e differenziando le proprie posizioni, rispetto alle due concezioni di intendere sia il sistema capitalistico e di tutti i corollari che ne discendono e sia l’assetto e la struttura sociale del Paese.
Da un lato c’è la teoria liberista radicale che tende ad esaltare i valori e l’efficienza del sistema, con la globalizzazione dei mercati e la competitività spinta ogni ragionevole limite.
E’ in virtù di questi valori supremi che a nessuno frega più di tanto della globalizzazione della miseria, della fame, dei disoccupati che non finiscono mai di aumentare. Da quando, nel 1996, Rifkin scrisse “La fine del lavoro”, ad oggi non si sono verificate nel mondo altro che espulsioni di milioni di lavoratori. Ad ogni fusione o processo di razionalizzazione delle aziende corrisponde una espulsione di lavoratori dal ciclo produttivo, il piano ottimale di rilancio è sempre quello che riesce a prevedere il maggior taglio di occupati. Le poche decine o centinaia di posti di lavoro che creano i nuovi settori (quasi sempre in modo temporaneo perché poi spariscono dal mercato) non rappresentano che poche gocce nel mare dilagante dei vecchi e nuovi disoccupati.
Da quei valori partoriscono l’ingordigia e la famelica insaziabile voglia di accrescere la ricchezza di chi già la detiene oltre ogni ragionevole limite di decenza, di etica e di comportamenti umani; per arrivare dove? Francamente non si capisce molto, considerato che la stragrande maggioranza di questi signori non potrà mai riuscire a spendere quella ricchezza. Eppure sono pronti a calpestare ogni regola di civile convivenza pur di raggiungere i loro loschi e inqualificabili obiettivi. Quindi, la moda ultima è quella di alterare i bilanci societari, di corrompere controllori analisti finanziari e statisti (che tutti insieme formano la più grande associazione a delinquere mai conosciuta dall’umanità) a creare bolle speculative sui mercati finanziari per fottere risparmiatori, dipendenti, lavoratori che speravano di costituirsi la pensione integrativa, mentre loro, i grandi managers di questo secolo, intascano le loro laute impensabili stock options, a spese dei soliti fessi.
Tutte queste considerazioni credo siano state magistralmente sintetizzate in una vignetta di Altan di qualche settimana fa, quando il primo soggetto dice all’altro :”Stanno distruggendo il Pianeta !” e l’altro : “Peccato, era così competitivo!”.
A fronte di questa interpretazione rigida, radicale, ottusa, spregiudicata e anche tutto sommato poco producente, alla fine, volendo, perché dovendo, rimanere nel sistema, allora si deve capire se sia possibile e se vogliamo costruire una strategia che, escludendo l’abbattimento del sistema capitalistico, si ponga almeno l’obiettivo di condizionarlo, di umanizzarlo e di sottrarre ad esso quanto ridistribuire in termini di ricchezza prodotta anche in favore di tutti coloro che partecipano al processo e che garantisca ad essi per lo meno l’essenziale.
Una risposta positiva a quest’ultimo quesito, potrebbe rappresentare già una buona base di partenza per la costruzione di un progetto alternativo che sia visibile, percepibile e via via sempre piu’ condiviso.
Non dico niente di eccezionale, né di utopico, né di eretico. Questi concetti sono peraltro condivisi ed affermati dagli stessi economisti liberisti piu’ avveduti e progressisti.
Lo ha affermato il professor Mordekai Kurz, di scuola e pensiero prettamente neo-liberista che, in una intervista rilasciata al “Sole 24-Ore” dell’anno scorso, sostiene sostanzialmente le stesse cose che vengono espresse dagli esponenti della sinistra, di quelle contenute in un sondaggio curato da una Organizzazione sindacale, che comunque esprimono una forte revisione delle idee neo-liberiste per adeguarle alle richieste crescenti e sempre piu’ pressanti delle classi sociali piu’ bisognose e piu’ sensibili, a cominciare dal vecchio e superato ceto medio. Lo ha detto il prof. Mario Monti, massimo teorizzatore del libero mercato, nell’intervista a ½ ora di Lucia Annunziata, nella quale si è dichiarato esplicitamente e fortemente orientato all’attuazione di una politica di redistribuzione tale da realizzare una giustizia ed una equità sociale oggi inesistente.
Ma, delle buone intenzioni dei teorici del Liberismo è lastricato l’inferno. La realtà è completamente diversa, poiché per sua intrinseca natura il capitalismo, per essere tale e reggere il mercato della competizione globale, deve attuare per forza di cose tutte quelle brutture che, in una parola, vanno sotto il nome di competitività. E, volontariamente, le libere concessioni non esistono se non nella carità cristiana.
Da ciò deve scaturire il ruolo della politica, volto a sottrarre quella fetta di ricchezza da destinare alle classi meno abbienti, ai piu’ poveri, alle insopprimibili esigenze di natura sociale, etc etc.
Un paio di mesi fa vi ho inviato un breve saggio dal titolo “finanziaria e debito pubblico – evasione e pressione fiscale – Perché urge la Patrimoniale”, che avete ricevuto e ringraziato per l’invio.
L’ultima cosa al mondo che potessi augurarmi è che quanto prefigurato in esso si avverasse così presto. O meglio si è già verificata la prima parte del copione da me descritto, ossia la perdita consistente del consenso popolare; ora si aspetta la seconda parte, ossia il ritorno del Caimano e la frittata è servita. Si, perché la chiave di lettura è tutta qui!!!
Mi spiegate perché mai la gente dovrebbe continuare a votare la sinistra se poi attua la stessa politica della destra, facendolo peraltro in modo assai piu’ goffo e irritante? Se non altro il Caimano promette di abbassare le tasse a tutti strafregandosene del deficit, del debito pubblico e se il Paese cadrà definitivamente nel baratro.
In questi giorni sto ascoltando e leggendo le contraddizioni piu’ eclatanti ed assurde, pronunciate sia da esponenti che da giornali di destra e di sinistra. Tutti mettono in risalto la contraddizione insanabile tra le esigenze da affrontare, le risorse che bisognerebbe trovare e destinare allo scopo e l’impossibilità, dall’altra parte, di ridurre la pressione fiscale, che, si badi bene, non è quella sbandierata del 42 o del 50%, bensì arriva a colpire fino al 100% del reddito prodotto e in qualche caso tassa anche le perdite.
Con un sistema fiscale così dissestato, sperequato in modo indegno di un paese civile, parlare di lotta all’evasione, di inasprimenti, che spesso assumono le sembianze di persecuzione, di aumento o di riduzione della pressione tributaria, risulta improprio e, molto spesso, la politica messa in atto diventa vessatoria nei confronti degli anelli piu’ deboli del sistema, ormai irriducibilmente stressati e spremuti.
Nel mio saggio ho avuto il coraggio, dopo ampia e documentata analisi, in cui ho dimostrato chi ha intascato il malloppo dei 3 milioni di miliardi di vecchie lire, che il popolo si ritrova sul groppo, di proporre una soluzione, di cui sono fortemente convinto e che però, a mio modesto avviso, dovrebbe diventare il manifesto del nuovo schieramento di sinistra, ipotizzato. Se non altro dovrebbe essere posta in discussione e formare piattaforma di confronto e dibattito. Perché se la soluzione proposta non è quella giusta, allora qualcuno dovrebbe spiegarmi qual è l’alternativa possibile indicata dalla nuova sinistra e che possa costituire quel “progetto” di cui parlava Giordano.
Non credo le briciole del tesor-etto, che se togliamo la prima parte diventa un etto di fronte alle tonnellate del debito pubblico e delle risorse necessarie. Che Padoa Schioppa ha definito con una rappresentazione immaginifica accettabile come “ una leggera increspatura su un mare profondo 5000 metri”, ed invitando ad osservare l’immensità della profondità piuttosto che l’increspatura.
In definitiva, e concludo, come pensate di conquistare il consenso delle masse se non proponendo loro che le risorse necessarie al risanamento e al rilancio del Paese debbano essere reperite tassando, sia pure una tantum, i grandi patrimoni, che oltretutto, nel loro processo di accumulazione, si sono avvantaggiati anche di quel fenomeno di finanziarizzazione che ha arricchito i ricchi e impoverito i poveri?
Sicuramente la proposta e la piattaforma che ne discende non piaceranno a Montezemolo e alla Confindustria, susciteranno le ire di Berlusconi, dei finanzieri, delle Banche, delle Assicurazioni, dei loro giornali e delle loro TV, non piaceranno neanche a molti “benpensanti”, ma dovrebbero piacere non poco a tutto il resto dei ceti appartenenti alle grande marea della gente comune.
E allora bisogna decidere con chi stare!!!
Nel Progetto politico ipotizzato da Giordano bisognerà che venga detto con chiarezza se tendiamo a conquistare le simpatie ed il consenso dei primi, assai molto improbabile, o quello dei secondi.
Il problema è tutto qui!.
Saluti.
Paola 18/06/2007
Francesco Calvano
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