Come da consuetudine ormai consolidata, all’indomani di una consultazione elettorale importante, i commenti le analisi le ricerche psico sociologiche e ambientali non si contano. Ognuno pensa di avere una verità in tasca e le ricette diventano migliaia di migliaia. Ma finora non ne ho trovato una sola che abbia il coraggio o la consapevolezza di affondare il dito nella piaga e capace di analizzare la fenomenologia collegata alla struttura della società, dell’economia, dell’organizzazione del lavoro. Tutti si dibattono nell’affannosa ricerca delle cause sub-strutturali, del dialogo si, dialogo no con Berlusconi e la destra, come se le due formazioni fossero la stessa cosa o le due facce di una stessa medaglia. Così assolutamente non dovrebbe essere, ma forse lo è, e sono io che mi ostino a credere e pensare che non può essere. Tra le numerose altre, ho letto con interesse e attenzione la lettera scritta da Bersani, via Internet, e mi sono compiaciuto se non altro per il metodo nuovo di apertura al mondo civile e per la richiesta di dialogo, ritengo senz’altro dettata dalla volontà di conoscere, capire ed elaborare. C’è un passaggio centrale particolarmente incisivo, sul quale dovrebbero concentrarsi i commenti e il dibattito.
“Il Partito Democratico è il partito di una nuova centralità e dignità del lavoro dipendente, autonomo, imprenditoriale e della valorizzazione del suo ruolo nella costruzione del futuro del Paese”, afferma Bersani.
Il concetto è pienamente condivisibile. Bisognerebbe dibattere su come si possa raggiungere. Per fare ciò occorre avere coraggio, lealtà, uscire dal provincialismo. L’organizzazione del lavoro, rispetto al passato, è profondamente cambiata. Tant’è che una delle cause del crollo dei consensi e del voti in favore della sinistra in determinate zone è determinata proprio dalla mancanza della classe lavoratrice nelle fabbriche e non tanto invece dal radicamento sul territorio della lega, che è presente si, ma che raccoglie voti sputando veleno su tutto e tutti, compreso Berlusconi a seconda delle epoche, e inculcando nella mente e nel cuore della gente i sentimenti piu’ biechi, piu’ razzisti, piu’ retrogradi che si possano concepire. La concorrenza non può certo avvenire a tali livelli.
Bisogna allora partire dall’analisi che il lavoro non esiste piu’ nelle sue forme tradizionali ( e ciò riguarda il pianeta terra,non solo l’Italia), esiste in misura esigua rispetto al passato, basta leggere i testi e gli aggiornamenti di Jeremy Rifkin per rendersi conto che la progressiva e paurosa caduta dei posti di lavoro è cominciata da 30-40 anni, anche rispetto ad un aumento della produttività e dei profitti. Di recente è stata accentuata e resa drammatica dalla crisi scoppiata con le bolle finanziarie, ma l’occupazione non tornerà mai piu’ ai livelli precedenti. Da ciò discende una prima importante decisiva conclusione, e cioè che bisogna impostare la lotta per garantire il lavoro al maggior numero possibile di individui puntando su una concezione completamente rivista ed aggiornata, inedita e rivoluzionaria. Lo sviluppo delle tecnologie e di internet riservano un numero sempre decrescente di posti di lavoro, quindi bisognerà disegnare una sua organizzazione dove possano lavorare tutti (diversamente una società non si regge) per un numero inferiore di ore e dedicare il resto alla copertura e sviluppo delle attività nel campo del sociale.
Il secondo, peculiare, drammatico aspetto del nostro Paese è rappresentato dallo stock del debito pubblico, che, nonostante le manovre delle finanziarie da 20 anni a questa parte, continua ad aumentare e rischia di soffocare qualsiasi possibilità non solo di sviluppo, ma anche di solo mantenimento dei servizi essenziali per le moltitudini di cittadini. Mi risparmio di elencare tutti i servizi ed i settori in profonda crisi per la mancanza di risorse, essi sono sotto gli occhi di tutti.
Caro Bersani, è tutto qui il problema dello schieramento, chiamiamolo di sinistra, di centro sinistra, progressista, emancipato. Avere il coraggio di elaborare una proposta per la costruzione del futuro del Paese, senza temere di essere tacciati ed accusati dall’imperatore di estremismo, di comunisti e via dicendo.
Questo Paese non può andare da nessuna parte se non si risana il debito pubblico. Dall’unità d’Italia al 1945 sono state fatte decine e decine di manovre sui titoli del debito pubblico da tutti i governi borghesi che si sono succeduti e nessuno li ha tacciati di estremisti o comunisti. Sul mio Blog, ho riportato la Relazione del Direttore Generale alla commissione parlamentare di vigilanza sul debito pubblico, ma ho anche pubblicato un documento nel quale ho sviluppato l’ipotesi, che basta tradurre in articolato legislativo, per prelevare un’aliquota una tantum a quel 10% di super ricchi che possiede il 50% della ricchezza finanziaria (oltre quella immobiliare, come ci ricorda con molta enfasi, ogni anno, il Governatore di Bankitalia) per avviare il risanamento delle finanze pubbliche, premessa per la creazione di posti di lavoro che porti a quel “processo di costruzione del futuro del Paese”.
Questa sarebbe anche, al di là della sua bontà intrinseca, la cartina di tornasole per verificare se il nostro Premier è davvero dalla parte del popolo che lo ama.
Resto a disposizione per ampliare e portare avanti il dibattito sugli argomenti e le tematiche proposte. Francesco Calvano
http://studiocalvano.blogspot.com/
U.Galimberti: il vero volto del capitalismo
http://www.youtube.com/watch?v=tnGXsqHuhWE
sabato 3 aprile 2010
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