domenica 10 ottobre 2010

DOPO AVERLO PULITO, "SALVIAMO IL MONDO"

l’Epoca Industriale ha posto fine alla schiavitù, l’Era dell’Accesso sta ponendo termine al lavoro salariato di massa…dobbiamo prepararci a vivere in una nuova era in cui si lavorerà poche ore a scopi utilitari, dedicando più tempo all’arricchimento della vita sociale”.
In questa frase sta la sintesi efficacissima del pensiero dell’unico scienziato vivente, chiamato a consulto da molti stati e dai governi di mezzo mondo, ma come molti suoi predecessori non viene ascoltato dai contemporanei. Eppure, non è Marx, né Lenin, né Mao. E’ semplicemente Jeremy Rifkin, illustre cattedratico nelle Università americane, che da oltre 15 anni si sta sforzando di far capire al mondo che con l’avvento della telematica è intervenuto un cambiamento così profondo, così irreversibile, così drammatico, per cui la schiera dei lavoratori va stringendosi inesorabilmente, sempre, sia nei periodi di vacche grasse che in quelli di vacche magre. Niente piu’ ritornerà come prima se la crisi dovesse passare. Ma non passa, proprio per l’assioma dell’intreccio tra lavoro che viene eliminato e crisi economico-finanziaria. Senza lavoro, non c’è reddito per milioni di famiglie, non ci sono di conseguenza consumi, l’economia è destinata a ristagnare lungamente, le entrate fiscali calano, il debito pubblico aumenta. I due sindacati che hanno sciaguratamente rotto l’unità sindacale, facendo così il piu’ grande regalo a industriali e governanti, strillano la riduzione delle tasse per i lavoratori dipendenti, ma al contempo chiedono programmi di rilancio e di sostegno, alla stessa stregua degli industriali che dopo aver retto il sacco a lungo ora hanno perso la pazienza, ma il loro presidente viene minacciato e ricattato dai giornali del re d’Italia.Rivendicazioni sacrosante : ma nessuno dice dove sono i fondi. Il povero Governo è assediato da tutti : oltre che da sindacati e industriali, dalla Scuola, a pezzi, dai precari, dalla Magistratura, dalle forze di polizia, dalla sanità (non ne parliamo, per carità!) dagli enti locali, ai quali sottraggono anziché dare, dai lavoratori sulle gru, sui pennoni,nelle ex carceri, e che non sanno piu’ a quale santo votarsi per arrangiare un pasto, i piu’ sfortunati si suicidano.
Il saggio Ministro Trebonds, preoccupatissimo, lancia l’allarme per il ritorno dei “Bankers”; lui sa che sono spregiudicati e senza cuore. Se intravedono una possibilità di guadagno non guardano in faccia nessuno Attaccano a testa bassa e, in pochi giorni, distruggono uno Stato, un Paese. Specie se questo è molto indebitato, come per esempio la nostra amata Italia che si ritrova sul groppo un debito che si sta avvicinando ai 4 milioni di mld del vecchio conio. Questo i Bankers lo sanno benissimo come lo sappiamo noi. Ma quello che è un debito,enorme, che grava su tutti indistintamente i cittadini, qualcuno, dall’altra parte, lo ha in tasca! Lo sa benissimo anche il Governatore Draghi che ogni anno ci ricorda che il 10% dei cittadini possiede il 50% della ricchezza finanziaria, oltre quella immobiliare.
E, allora, basterebbe un prelievo straordinario, una tantum, di un 10% di quella ricchezza, anche dilazionato in 3 anni, e un piccolo ritocco ai titoli di stato, per salvarci tutti, per primi i detentori di quella ricchezza perché se i Bankers si incazzano sarebbero loro a rimettere piu’ di tutti. Con quel prelievo, mediante un’imposta sui grandi patrimoni, si potrebbe:- ARGINARE LA CRISI E FINANZIARE LA RIPRESA E L’OCCUPAZIONE- RIFORMARE LA STRUTTURA DEL LAVORO PER ASSICURARE UN LAVORO A TUTTI- ABOLIRE OGNI FORMA DI PRECARIATO- SALVAGUARDARE L’ AMBIENTE COME SCELTA PRIORITARIA- PRODURRE ENERGIA PULITA DA FONTI ALTERNATIVE- SVILUPPARE I MERCATI E GLI SCAMBI LOCALI A DISPETTO DELLA CRESCITA FORZATA DEL PIL E DEI MERCATI GLOBALI- ATTUARE UNA POLITICA DI SVILUPPO DEL SUD PER IL RIEQUILIBRIO TERRITORIALE COME UNICA ALETRNATIVA POSSIBILE PER IL PAESE
Dopo la grande campagna “Puliamo il Mondo”, lanciamo ora “Salviamo il Mondo”. Poiché nessuno Organismo costituito vuol sentire questa musica, facciamo uno sforzo attraverso la rete, che ce ne dà la possibilità e l’opportunità. I miei amici sono aumentati di molto. Occorre fare uno sforzo dal basso, coinvolgendo tutti e costituire un grandissimo gruppo, in grado di esercitare la dovuta pressione e allargare il consenso. Chi condivide, deve fare lo sforzo di invitare i propri amici ad aderire. Stiamo parlando di una iniziativa che può squarciare una società e un mondo sonnecchianti e alla deriva. Chi vuole, può diventare amministratore del gruppo per facilitare la circolarizzazione degli inviti ad aderire. Basta chiederlo.

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http://studiocalvano.blogspot.com/2009/03/documento-per-un-movimento-alternativo.html
http://studiocalvano.blogspot.com/2009/03/perche-urge-la-patrimoniale.html


domenica 6 giugno 2010

LA CRISI SUPERATA

La prima fase della crisi è stata brillantemente superata dal duo magico Trebond-Berlusca.
Come avviene con gli uragani che si abbattono all’improvviso su uomini e cose, determinando morte e distruzione, così è avvenuto con l’avvento della crisi, anche se in questo caso il Tremonti ha sempre affermato che lui aveva previsto tutto. La crisi, la cui scintilla che ha incendiato la prateria è partita dalla bolla speculativa americana (e quando mai non è così?), ha naturalmente spazzato via anche nel nostro Paese decine di fabbriche, i cui lavoratori hanno costruito il nido sui tetti o si sono rinchiusi in un vecchio carcere di un’isola sperduta, e i cui titolari si sono spesso suicidati. Ma queste sono le regole della moderna comunità. C’è sempre qualcuno che ci guadagna (e molto) e altri che si suicidano o rimangono sul lastrico.
Ora bisogna passare alla fase due, la stabilizzazione della crisi in modo che essa diventi strutturale, e continui ad espellere mano d’opera o comunque eviti che dopo la fase uno, alcuni possano rientrare nelle aziende o che si possano creare spazi per dei giovani che da precari sono diventati aspiranti precari.
Per la fase due ci pensa, naturalmente, sempre il duo al comando. Per arginare la crisi si escogita una manovra, necessaria ed indispensabile, perché ce la chiede l’Europa. Tutti devono contribuire. Chi sono questi tutti? Ma, i soliti noti. Questa voltaperò incontreranno insormontabili difficoltà, nel momento in cui vanno a segare diritti acquisiti e consolidati, con manifestazioni ostili, scioperi, ma anche, verosimilmente, con ricorsi giudiziari dall’esito positivo, per cui la manovra, alla fine, sarà una farsa; a parte ciò, il paradosso piu’ stridente è che, ammesso che funzionasse, lungi dal sanare la situazione, finirebbe per aggravarla, e forse in modo irreversibile.
Tagli a salari e stipendi, blocchi per chi deve andare in pensione, allungamento dell’età pensionabile,blocco del TFR, non verifica per i falsi invalidi ma tagli generalizzati anche per chi è gravemente menomato, tagli selvaggi a regioni ed enti locali, che già non si reggono in piedi, tagli a settori che già oggi non dispongono della carta igienica e di quella per le fotocopie, al di là dell’equità e della giustizia, non potranno che provocare un’unica e sola, logica, conseguenza : la stagnazione, l’aumento dei disoccupati, il blocco totale per le giovani generazioni, la caduta a picco dei consumi, insomma l’effetto diametralmente opposto al dichiarato risanamento dei conti pubblici, che continueranno a peggiorare. Chi ne volesse conferma inconfutabile, è invitato a riflettere su cosa è avvenuto dal 1992 ad oggi : nonostante la prima manovra Amato di 90 mila mld di vecchie lire e tutte le altre manovre annuali per circa venti anni, lo stock del Debito Pubblico è aumentato in termini assoluti e in termini di rapporto Debito/PIL. Non occorrono altre dimostrazioni!
Allora non c’è soluzione? . Ma si, che c’è! Tutti i manuali di Scienze delle Finanze insegnano che le entrate di uno Stato possono essere ordinarie o straordinarie. Rientrano tra le prime tutte le imposte e tasse che l’Erario incassa quotidianamente; rientrano tra le seconde quelle aventi carattere eccezionale, non ricorrenti, appunto straordinario, quali ad esempio un’imposta straordinaria,una tantum, sui grandi patrimoni. E quale migliore occasione di quella che stiamo vivendo per chiamare a contribuire tutti, in primis chi ha accumulato grandi patrimoni? Anche perché essi o sono frutto di grande evasione o sono ricchezze accumulate con i lauti interessi sul Debito Pubblico, degli anni precorsi, ma che tutto il popolo italiano continua a pagare giornalmente con lacrime e sangue.
La Presidente degli Industriali Emma Marcegaglia, solerte nel preparare le parate show al Premier, sa benissimo che quando un’Azienda accusa un deficit patrimoniale, essa non si sana con i tagli della produzione, viceversa occorrono mezzi freschi da parte degli azionisti maggiori o è la fine. Lo Stato italiano è da decenni in grave deficit patrimoniale, viene mantenuto in piedi con l’ossigeno che le tasche ormai vuote dei soliti noti continuano ad alimentare. Ma senza “mezzi freschi” non si andrà da nessuna parte. I primi ad essere interessati ad un reale risanamento sono coloro che rientrano in quel 10% di cittadini che possiedono (secondo Bankitalia) il 50% della ricchezza finanziaria del Paese.
Come mai, né il duo al comando, ma neanche le ridicole forze dell’opposizione o i Sindacati, e neanche i mass media trovano il coraggio di proporre una simile misura riparatrice? Un prelievo straordinario con una aliquota del 10% su una massa di 1.400 mld di Euro darebbe un gettito di 140 mld. Altro che il taglio delle pensioni di invalidità ai derelitti!
Ma chi volesse avere maggiori ragguagli circa l’efficacia delle misure varate dall’attuale Governo e la famigerata crisi del 1929 e stabilire in che direzione vanno le prime , senza scomodare le teorie keynesiane, basta consultare, su Internet, Wikipedia alla voce New Deal, per apprendere facilmente che in quella occasione furono varate : “Una serie di lavori pubblici assorbirono tra i 2 e i 3 milioni di lavoratori disoccupati……In una situazione di inflazione galoppante ed evidente recessione, l'intervento da parte dello stato nell'attività produttiva e nel processo economico diveniva determinante per risollevare le sorti del paese e ridistribuire verso il basso la ricchezza, evitando dunque la sproporzione evidente nel dato periodo………L'intervento dello Stato nell'economia attraverso la realizzazione di infrastrutture, creazione di un Welfare State (stato assistenziale) in grado di poter sostenere la forza lavoro disoccupata, conseguente aumento della domanda per riavviare il processo produttivo furono i cardini dell'opera del primo mandato roosveltiano …….alcune delle misure stabilite per tamponare il fenomeno e restituire vitalità ad un settore vessato dalla stagnazione. Fu molto importante la costruzione di fabbriche statali , le quali diminuirono ulteriormente il numero di disoccupati.
Dal raffronto si può facilmente capire in che direzione sta andando questo sventurato Paese che, se non adotta urgentemente misure dirette a recuperare mezzi freschi togliendoli a chi ne ha in abbondanza, non ha che da aspettare una delle prossime mosse che la speculazione internazionale dei mercati finanziari prima o poi deciderà di scatenare.

sabato 15 maggio 2010

CHI PAGA PER LA CRISI E CHI DOVREBBE

CHI PAGA PER LA CRISI E CHI DOVREBBE
Chi aspettava la conferma su chi avrebbe finito per pagare i costi pesanti della crisi è stato accontentato. Generalmente, quando trattasi di gravi malattie, osa ripetersi che prevenire è meglio che curare. Ma,nel caso specifico, né i governanti, né le forze di opposizione, né i sindacati, né la stampa (carta e TV), né i sedicenti esperti e commentatori improvvisati, insomma nessuno ha inteso ascoltare il grido di allarme lanciato da parte di qualcuno che aveva visto giusto da anni. Invero, il solo Carlo De Benedetti ha lanciato una proposta concreta, che è da considerare come la proposta, dalle colonne de “il sole-24 ore” in data 11 settembre 2009, seguita l’indomani 12 da commenti di consenso da parte delle segreterie delle tre confederazioni sindacali e da qualche esponente del PD, ex ministro. Ma il focherello è durato solo due giorni. Poi di nuovo il silenzio assordante. Le misure che stanno circolando in queste ore, naturalmente, parlano di sacrifici abnormi che devono sopportare i pensionati e coloro che stanno per diventarlo, coloro che hanno bisogno di assistenza, per gli inevitabili tagli ad una sanità che fa acqua da tutte le parti, come peraltro tutti gli altri servizi pubblici; finora sono esclusi solo i disoccupati dal concorrere a contribuire alla raccolta di fondi per raggiungere l’iperbolica cifra di 25 miliardi per riassestare i conti di uno Stato che ne ha 1.800 di debito, che ne paga 70 all’anno di soli interessi e che dal ‘92 al 2009 di manovre ne ha fatte una ventina, di cui la prima di 90 mld di vecchie lire, senza che il Debito pubblico sia diminuito di un euro. Con una conseguenza tra le piu’ deleterie disastrose e controproducenti che si possano immaginare e concepire. Tralasciamo per il momento le reazioni e le proteste che solleveranno gli interessati alla manovra, cioè i soliti fessi, mentre lorsignori continuano a rubare e rapinare a piene mani per arricchirsi a dismisura e in modo inconsulto, prima che vergognoso. La manovra in pectore, che rispetto all’enormità del debito e del costo per interessi, è meno di una bazzecola, per la moltitudine della povera gente che la dovrà subire, è invece pesantissima, produce un’ulteriore stretta della cinghia, inevitabili sacrifici per tutte le famiglie, ulteriore abbassamento del livello dei consumi, già ai minimi storici, ulteriore inasprimento della crisi che subiscono imprese, commercianti, artigiani, insomma una dose aggiuntiva, assolutamente inevitabile, di stagnazione e depressione dell’economia, che al contrario avrebbe urgente bisogno di stimoli per ripartire. Con buona pace, in definitiva, di realizzare ciò a cui tengono tanto, cioè la crescita e quindi il gettito per compensare il debito che continua a crescere.
Eppure, per quanto strano e sorprendente possa apparire, la soluzione è a portata di mano. Naturalmente per gente che abbia voglia di metterla in pratica. La soluzione è quella proposta da Carlo De Benedetti, e da me anticipata tre anni fa con la pubblicazione di un piccolo opuscolo. Entrambi parliamo ed ipotizziamo un’imposta straordinaria, una tantum, sui grandi patrimoni, prevista nei manuali di Scienza delle Finanze ed attuata in molti Paesi e in diversi periodi storici , compresa la nostra stessa Italia che nel periodo dall’unità d’Italia al 1945 è intervenuta moltissime volte sul Debito pubblico, così come ha illustrato il Direttore del Debito Pubblico alla Commissione parlamentare nel 1988.
Bankitalia rende noto annualmente che la sola ricchezza finanziaria delle famiglie (senza quella immobiliare) è pari ad €. 2.800 circa di cui la metà è detenuta dal 10% di esse , chiaramente super ricchi.La metà è pari ad €. 1.400 all’incirca, per cui un prelievo una tantum del 10% darebbe un gettito straordinario di 140 mld, implementabili da una contestuale manovra sui tassi del D.P. Gli effetti sono illustrati sul mio blog : http://studiocalvano.blogspot.com/
Solo che tra quel 10% di cittadini c’è compreso anche il nostro Premier e, forse, tanti altri che finora hanno preso a piene mani. Poche speranze, dunque. La domanda che sorge spontanea,semmai, è : ma vi sono compresi anche i soggetti delle opposizioni e dei sindacati, visto che nessuno di loro, mentre rivendicano interventi in favore di tante categorie, dica mai dove trovare i soldi? E la stampa che dice?
U.Galimberti: il vero volto del capitalismo http://www.youtube.com/watch?v=tnGXsqHuhWE

giovedì 29 aprile 2010

Lettera a “La Repubblica”

Il fondo di stamani di Massimo Giannini ,”Una folle partita a Poker”, conclude : “i governi d’Europa non l’hanno capito. Continuano a scherzare sotto il vulcano”-
Nel breve saggio da me pubblicato a gennaio 2007 “perché urge la Patrimoniale” concludevo sostanzialmente nello stesso modo, lanciando un preavvertimento al Governo Prodi : “ l’alternativa è il ritorno del Caimano, che è in agguato e non aspetta altro.Il suo unico scopo è conquistare e mantenere il potere, dominare,quale designato dal Signore, il resto dell’umanità, avversari ed alleati. Per tale obiettivo è ben disposto a dichiarare ed impegnarsi, con tutta la demagogia e la strumentalizzazione di questo mondo, per la riduzione delle tasse agli italiani in modo da condurli sotto quel Vulcano che, per esplodere e seppellirci tutti, non aspetta altro che qualcuno accenda la miccia.
E non è solo una strana coincidenza o combinazione. La descrizione immaginifica del vulcano è tra le piu’ aderenti alla realtà e la piu’ efficace per rendere l’idea dell’equilibrio da precipizio su cui si reggono le economie e la finanza dei Paesi oppressi da uno stock di Debito Pubblico fuori da ogni norma e da ogni raziocinio e che assume tutte le caratteristiche e la pericolosità del vulcano di Ischia, descritto proprio in questi giorni da Bertolaso. Sta accumulando magma e prima o poi esploderà, ma nessuno è in grado di prevedere quando. Ma quando arriva il momento, seppellirà tutto e tutti. La stessa identica cosa avviene quando il livello del debito pubblico tocca vette elevate e sotto cova il magma. Tutti gli specialisti e gli analisti finanziari giudicano che quando il debito supera il 100% del PIL è indispensabile e urgente intervenire, così come è avvenuto in periodi storici diversi e in diversi paesi del mondo.
L’Italia ha superato da decenni questo limite, oggi è attestata al 115% contro il 77% del Portogallo, considerato prossimo al default, ed ha uno stock superiore di oltre cinque volte quello della Grecia, che però è già fallita. Questi due semplici raffronti spiegano alla perfezione l’inspiegabilità dell’equilibrio da brivido su cui si regge il nostro Paese. Una delle spiegazioni può essere data dal ricorso da oltre 20 anni al raschiamento del fondo del barile attuato in danno di tutta la collettività con le finanziarie di sangue e lacrime e a pagare sono stati per lo piu’ le classi medio basse con il conseguente innesco di una fase di stagnazione dell’economia. Ora, con l’arrivo della crisi, ciò non è piu’ possibile, ma il Paese è letteralmente a terra in tutti i suoi settori vitali, dalla scuola alla ricerca, dalle infrastrutture all’innovazione tecnologica, dalla pubblica amministrazione alla sanità, alle ferrovie, ai trasporti aerei e via dicendo.
Perciò non v’è chi non veda come di fronte ad un Paese in ginocchio, che richiederebbe iniezioni pesanti di risorse per ripartire, senza pagare un onere pesantissimo a servizio del debito, l’unica alternativa possibile sia quella di chiamare a contribuire quel 10% di cittadini che possiedono (dati Bankitalia) il 50% della ricchezza finanziaria (a parte quella immobiliare) e che sono quegli stessi che hanno lucrato in passato degli altissimi tassi di interesse pagati sul debito, a cominciare da Banche, Assicurazioni, grossi finanzieri, intermediari e speculatori vari.
Oltre che nel saggio di cui sopra, sul mio blog ho pubblicato un documento preciso e concreto che dimostra come sia possibile alleggerire il debito con un prelievo straordinario una tantum, contestualmente al varo di una modifica del meccanismo dei tassi.
Ma tutto ciò non lo capiscono, o fanno finta di non capirlo, non solo i governi d’Europa bensì partiti politici di maggioranza e di opposizione, sindacati, economisti, commentatori, e tutta la carta stampata e le televisioni.
Sull’argomento ho scritto infinite volte ed ho sempre inviato i documenti agli organi di informazione, ma nessuno ha dato mai spazio ad un argomento che sta a monte di tutti gli altri, se non altro proponendolo come tema di discussione e di dibattito.
Eppure non ci vuole uno scienziato per capire che è perfettamente inutile stilare il decalogo di Di Pietro delle cose da fare e delle risorse da stanziare, se non vengono individuate e proposte le fonti con cui finanziarle.
Infine, lo scoppio del vulcano può essere determinato, come dimostra il caso della Grecia, da qualsiasi fattore interno od esterno, da un giudizio ponderato o anche bizzarro delle agenzie di rating, e via dicendo.
Per questo, forse, l’azionista di riferimento del vostro Gruppo editoriale ha lanciato in Settembre 2009 l’appello per il varo di un’imposta patrimoniale, dalle colonne de “il sole 24 Ore”.
E’ il solo che lo ha capito?
Saluti. Francesco Calvano

Lettera a L’Espresso – FEBBRE ITALIA

Vorrei intervenire, se ciò è consentito anche ad un comune mortale che non ha la notorietà dei due illustri Professori che hanno pubblicato diagnosi e prognosi sulla grave, direi drammatica, crisi economico-finanziaria del nostro Paese, ma che ha qualche buona informazione di base per percorso di studi e qualche approfondimento non del tutto trascurabile.Uri Dadush e Moises Naim hanno svolto un’analisi sulla situazione italiana sicuramente di alto livello, che è da accogliere pienamente per quanto riguarda il grido di allarme che essi lanciano sulla reale situazione italiana e l’invito a non sottovalutare il pericolo, molto plausibile, che il default possa avvenire da un momento all’altro. Assolutamente condivisibile il primo dei pericoli che essi denunciano, la voragine del debito pubblico. Sul resto e sulla prognosi, viceversa, c’è molto da obiettare.
Del tutto fuorviante appare l’osservazione che una delle cause dell’aggravarsi della crisi vada attribuita all’alto costo del lavoro in Italia rispetto agli altri paesi nostri competitors per le seguenti osservazioni:
1)Non solo in Italia, ma nel mondo, l’aumento della produttività non ha mai portato ad un miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, come ha dimostrato Rifkin qualche fa, che l’Espresso ha pubblicato; ad un aumento di produttività negli ultimi dieci anni, prima della crisi, ha fatto riscontro l’espulsione di 31 milioni di lavoratori a livello mondiale;
2) L’affermazione dei due autori è in pieno contrasto con quanto vanno sostenendo da tempo i sindacati italiani (tutti) in merito alla perdita di potere di acquisto, consistente, dei salari italiani rispetto all’Europa;
3) Ed infine, sembra smentita in pieno dai dati contenuti nella Tabella pubblicata all’interno dello stesso articolo, dove il costo del lavoro (al lordo) italiano viene dopo quello di altri 11 paesi competitors e il raffronto si acutizza se vengono presi in esame i salari netti, dimezzati dal prelievo fiscale e contributivo.
Da queste osservazioni discende la conseguenza logica e coerente che la ricetta per sanare l’economia e lo stesso debito pubblico non può certo essere quella di tagliare i salari del 6%.
A parte ogni considerazione sulla effettiva praticabilità di una simile diabolica misura che verrebbe a colpire ancora una volta e sempre lavoratori, che in tale evenienza avrebbero il sostegno deciso dei sindacati, il presunto vantaggio che ne dovrebbe scaturire in termini incentivanti per l’economia, sarebbe vanificato , e produrrebbe un contraccolpo opposto, poiché provocherebbe una fase di diminuzione dei consumi e quindi innescherebbe un ciclo depressivo dell’economia.
Sulla base di queste considerazione, la stessa analisi sul debito pubblico diventa parziale ed incompleta, per certi aspetti solo accennata.
L’Italia, da circa un trentennio, si trova stretta in una morsa soffocante per via dell’immenso, insostenibile stock del debito e dei conseguenti costi che genera. Nonostante i venti anni di manovre attuate con le Finanziarie annuali, oggi il debito non solo non è diminuito bensì aumentato, con il risultato che tutte le risorse aggiuntive sottratte alla massa dei cittadini sono finiti inghiottiti dalla voragine del debito, con l’ulteriore arricchimento dei possessori dei titoli di stato e un latente andamento depressivo dell’economia, con il ristagno pauroso in tutti i settori; dalla scuola alle infrastrutture, dalla sanità alla giustizia, dalle compagnie aeree alle ferrovie, e l’elenco è lungo, non si salva nessuno.
L’infernale intreccio stock del debito, oneri da esso scaturenti, riflessi sull’economia e sulla finanza, dice chiaramente che non esistono molti spiragli per uscire dalla crisi. La morsa, di cui parlavo, è presto detta : se l’economia continua a ristagnare, il livello dei tassi si mantiene basso, ma in tal caso non ci può essere crescita; se c’è quest’ultima, il livello dei tassi inesorabilmente cresce e può benissimo provocare quel default alla greca paventato dai due economisti.
Come se ne può uscire?
Con una manovra combinata tra prelievo straordinario sui patrimoni di quel 10% di cittadini che possiede il 50% della ricchezza finanziaria (vedi relazione Bankitalia) e una contestuale revisione dei meccanismi che regolano i titoli di stato. Sul mio Blog ho pubblicato una proposta concreta e specifica sull’argomento, rifacendomi anche alla Relazione che il Direttore del Debito Pubblico ha presentato al Parlamento, qualche anno fa, sugli innumerevoli provvedimenti adottati al riguardo dall’unità d’Italia fino al 1945, allorquando il debito è stato praticamente per effetto dell’inflazione bellica.
E forse non è una semplice coincidenza la circostanza rilevante che la ricostruzione post-bellica, prima, e il miracolo economico italiano,dopo, siano avvenuti in un contesto di assenza di debito pubblico e con avanzi primari fino al 1965.
A questo punto chiedo all’Espresso, il piu’autorevole settimanale diffuso in Italia, aperto al dialogo al confronto all’approfondimento delle tematiche importanti, perché mai una simile proposta non possa essere portata all’attenzione e al dibattito tra i lettori?
Almeno un appoggio, piu’ che autorevole, da parte dell’azionista del settimanale, Ing. De Benedetti, lo dovrei raccogliere, dal momento che egli ha lanciato l’idea di una imposta straordinaria sui patrimoni dalle colonne del “sole 24-ore, nello scorso mese di settembre, sulla base di un’analisi e di argomentazioni che coincidono all’unisono con quelle da me sviluppate nell’opuscolo pubblicato in gennaio 2007 “Perché urge la Patrimoniale” . Francesco Calvano

sabato 3 aprile 2010

BERSANI E LA CARTINA DI TORNASOLE

Come da consuetudine ormai consolidata, all’indomani di una consultazione elettorale importante, i commenti le analisi le ricerche psico sociologiche e ambientali non si contano. Ognuno pensa di avere una verità in tasca e le ricette diventano migliaia di migliaia. Ma finora non ne ho trovato una sola che abbia il coraggio o la consapevolezza di affondare il dito nella piaga e capace di analizzare la fenomenologia collegata alla struttura della società, dell’economia, dell’organizzazione del lavoro. Tutti si dibattono nell’affannosa ricerca delle cause sub-strutturali, del dialogo si, dialogo no con Berlusconi e la destra, come se le due formazioni fossero la stessa cosa o le due facce di una stessa medaglia. Così assolutamente non dovrebbe essere, ma forse lo è, e sono io che mi ostino a credere e pensare che non può essere. Tra le numerose altre, ho letto con interesse e attenzione la lettera scritta da Bersani, via Internet, e mi sono compiaciuto se non altro per il metodo nuovo di apertura al mondo civile e per la richiesta di dialogo, ritengo senz’altro dettata dalla volontà di conoscere, capire ed elaborare. C’è un passaggio centrale particolarmente incisivo, sul quale dovrebbero concentrarsi i commenti e il dibattito.

“Il Partito Democratico è il partito di una nuova centralità e dignità del lavoro dipendente, autonomo, imprenditoriale e della valorizzazione del suo ruolo nella costruzione del futuro del Paese”, afferma Bersani.

Il concetto è pienamente condivisibile. Bisognerebbe dibattere su come si possa raggiungere. Per fare ciò occorre avere coraggio, lealtà, uscire dal provincialismo. L’organizzazione del lavoro, rispetto al passato, è profondamente cambiata. Tant’è che una delle cause del crollo dei consensi e del voti in favore della sinistra in determinate zone è determinata proprio dalla mancanza della classe lavoratrice nelle fabbriche e non tanto invece dal radicamento sul territorio della lega, che è presente si, ma che raccoglie voti sputando veleno su tutto e tutti, compreso Berlusconi a seconda delle epoche, e inculcando nella mente e nel cuore della gente i sentimenti piu’ biechi, piu’ razzisti, piu’ retrogradi che si possano concepire. La concorrenza non può certo avvenire a tali livelli.

Bisogna allora partire dall’analisi che il lavoro non esiste piu’ nelle sue forme tradizionali ( e ciò riguarda il pianeta terra,non solo l’Italia), esiste in misura esigua rispetto al passato, basta leggere i testi e gli aggiornamenti di Jeremy Rifkin per rendersi conto che la progressiva e paurosa caduta dei posti di lavoro è cominciata da 30-40 anni, anche rispetto ad un aumento della produttività e dei profitti. Di recente è stata accentuata e resa drammatica dalla crisi scoppiata con le bolle finanziarie, ma l’occupazione non tornerà mai piu’ ai livelli precedenti. Da ciò discende una prima importante decisiva conclusione, e cioè che bisogna impostare la lotta per garantire il lavoro al maggior numero possibile di individui puntando su una concezione completamente rivista ed aggiornata, inedita e rivoluzionaria. Lo sviluppo delle tecnologie e di internet riservano un numero sempre decrescente di posti di lavoro, quindi bisognerà disegnare una sua organizzazione dove possano lavorare tutti (diversamente una società non si regge) per un numero inferiore di ore e dedicare il resto alla copertura e sviluppo delle attività nel campo del sociale.

Il secondo, peculiare, drammatico aspetto del nostro Paese è rappresentato dallo stock del debito pubblico, che, nonostante le manovre delle finanziarie da 20 anni a questa parte, continua ad aumentare e rischia di soffocare qualsiasi possibilità non solo di sviluppo, ma anche di solo mantenimento dei servizi essenziali per le moltitudini di cittadini. Mi risparmio di elencare tutti i servizi ed i settori in profonda crisi per la mancanza di risorse, essi sono sotto gli occhi di tutti.

Caro Bersani, è tutto qui il problema dello schieramento, chiamiamolo di sinistra, di centro sinistra, progressista, emancipato. Avere il coraggio di elaborare una proposta per la costruzione del futuro del Paese, senza temere di essere tacciati ed accusati dall’imperatore di estremismo, di comunisti e via dicendo.
Questo Paese non può andare da nessuna parte se non si risana il debito pubblico. Dall’unità d’Italia al 1945 sono state fatte decine e decine di manovre sui titoli del debito pubblico da tutti i governi borghesi che si sono succeduti e nessuno li ha tacciati di estremisti o comunisti. Sul mio Blog, ho riportato la Relazione del Direttore Generale alla commissione parlamentare di vigilanza sul debito pubblico, ma ho anche pubblicato un documento nel quale ho sviluppato l’ipotesi, che basta tradurre in articolato legislativo, per prelevare un’aliquota una tantum a quel 10% di super ricchi che possiede il 50% della ricchezza finanziaria (oltre quella immobiliare, come ci ricorda con molta enfasi, ogni anno, il Governatore di Bankitalia) per avviare il risanamento delle finanze pubbliche, premessa per la creazione di posti di lavoro che porti a quel “processo di costruzione del futuro del Paese”.

Questa sarebbe anche, al di là della sua bontà intrinseca, la cartina di tornasole per verificare se il nostro Premier è davvero dalla parte del popolo che lo ama.
Resto a disposizione per ampliare e portare avanti il dibattito sugli argomenti e le tematiche proposte. Francesco Calvano
http://studiocalvano.blogspot.com/

U.Galimberti: il vero volto del capitalismo
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mercoledì 31 marzo 2010

ULTIMA SPEME : L’ASTENSIONISMO

ULTIMA SPEME : L’ASTENSIONISMO
Finalmente, era ora! L’astensionismo è diventato il primo partito. Manca un’altra piccola quota percentuale e possiamo mettere in crisi questo fradicio decrepito sistema di potere che ancora viene definito democratico. E’ solo grazie a questa falsa definizione che l’Imperatore e il grosso stuolo di suoi tirapiedi possono gridare alla vittoria, pur avendo totalizzato un netto calo sia in termini numerici che di percentuali rispetto a tutte le ultime competizioni. Che comunque necessitano di qualche commento chiarificatore.
PDL e Lega insieme allo 0,7 della destra hanno raggiunto una percentuale di circa il 40% dei voti espressi (circa 26 milioni), pari quindi a circa 10,4 milioni di voti. Se rapportiamo questo dato al totale degli aventi diritto al voto, pari a circa 41 milioni, ne consegue che la grande coalizione di destra osannante vittoria rappresenta realmente appena il 25% degli aventi diritti al voto. L’imperatore rappresenta un italiano su quattro, ma egli continua a parlare a nome di tutti gli italiani, che lo amerebbero e lo adorano. Un compianto, carissimo, amico, trainer calcistico, dopo ogni partita osava commentare : “ chi vince è un bel ragazzo, chi perde è una testa di c…o”.
E loro, pur rappresentando un italiano su quattro, grazie ad un sistema e un congegno altamente democratico, hanno vinto. A furor di popolo, o forse no? La risposta la fornisce sempre Lui, il grande, l’imbattibile. Non passa giorno in cui non lanci strali, attacchi furibondi, improperi, accuse contro tutti, dal cofondatore del PDL all’opposizione, dai giornalisti della carta stampata a quelli radio-televisivi (di cui ne controlla un buon 80%), dai magistrati alle piu’ alte cariche istituzionali, dagli artisti agli uomini di cultura. Tutti complottano contro di lui ! Ma, allora, chi lo vota? La risposta ognuno se la può dare da solo. A me preme completare l’analisi della seconda parte della frase del mio amico, cioè di chi perde, perché qui c’è un’altra metà della spiegazione del perché la destra “vince”. Qualcuno ha affermato, in questi giorni, che il PD è un soggetto acefalo sul territorio. Al contrario, io penso che sia acefalo soprattutto al vertice. A parte gli sbandamenti paurosi da qualche anno a questa parte sulle strategie, le alleanze, la metodologia delle scelte, che vorrebbero far passare per autenticamente democratiche, ma poi sono sempre dominate dalle congiure di palazzo e dai soliti giochi di potere esercitate da soggetti che dominano la scena da molti lustri. Ma, a parte ciò, sono degli autentici masochisti, e quindi assumono tutte le caratteristiche dei perdenti calcistici. Almeno tre delle quattro regioni perdute in favore della destra sono state un autentico regalo, poiché anche uno sciocco capisce ed intuisce che non si possono riconfermare candidature di personaggi che hanno amministrato come i porci e sono indagati dalla magistratura, anche se è vero, com’è vero, che questa regola non vale per i candidati di destra, poiché per questi ultimi piu’ lunga è la fedina penale e piu’ voti raccolgono. Ma gli elettori di sinistra o progressisti non sono assolutamente uguali a quelli di destra e non perdonano che i loro personaggi di riferimento si comportino come gli avversari. E’ proprio questa differenza che determina le scelte di voto, diversamente l’uno vale l’altro.
Infine, tale appiattimento si verifica anche sulle scelte fondamentali di politica economico finanziaria, dal momento che nessun partito di opposizione è capace di indicare dove trovare le risorse per affrontare una crisi profonda nel contesto di un Paese indebitato oltre ogni ragionevole misura e che rischia di fare tra poco la fine della Grecia. Le risorse vanno recuperate dai super ricchi, come indica il Governatore di Bankitalia, non già dai ceti medi.
Da ciò, molto verosimilmente, discende l’aumento del fenomeno astensionismo al quale paradossalmente dovremmo agganciarci, quale ultima dea, per sfaldare l’impianto mostruoso che stanno per mettere in atto i vincitori, l’imperatore con la riforma presidenzialista e il senatur con il federalismo, perché evidentemente 150 anni di unità possono bastare a questa povera Italia.
E la storia, così, si ripete, non quale maestra di vita bensì come maestra di malavita, in cui potranno sguazzare i vecchi e i nuovi intrallazzisti di ogni genere e di ogni risma. Probabilmente senza neanche piu’ l’ingombro dei Magistrati, la cui “riforma” è alle porte.
La speme, ultima dea, l’astensionismo.

mercoledì 20 gennaio 2010

LA RICCHEZZA C’E’ : PRELEVARLA X RISANARE – ECCO COME !

LA RICCHEZZA C’E’ : PRELEVARLA X RISANARE – ECCO COME !


La crisi è alle spalle, secondo l’ottimismo forzato del governement, ma non passa giorno senza che vengano annunciati chiusure di fabbriche e di aziende, molte provocate non da cause legate alla bolla finanziaria bensì alla nuova speculazione selvaggia dei nuovi avventurieri che proprio attraverso la finanza tentano di arricchirsi sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie, che senza lavoro e senza l’indispensabile per sfamare i propri figli si arrampicano sopra i tetti delle aziende.
Anche i meno avveduti capiscono che la crisi non è alle spalle bensì tende ad acutizzarsi non solo per la tragica situazione dell’occupazione ma per la concomitante presenza di altre numerose e concorrenti situazioni di cancrena che affliggono in modo strutturale quasi tutti i settori della vita economica e sociale del Paese.
Scuola nel caos con tagli insensati, la ricerca divenuta esportatrice di cervelli, le Ferrovie esistono solo nella tratta Roma-Milano, Trasporti aerei al lumicino, disoccupazione pesante al Nord ma devastante al Sud, rapporto complessivo Nord-Sud in continua perenne divaricazione, Giustizia carente di organico a tutti i livelli e nelle attrezzature in generale , le forze di polizia senza parco auto e senza benzina, mentre per le Carceri è vera emergenza, la Sanità accumula deficit crescenti e, tra sprechi e ruberie, non riesce ad erogare un’assistenza decente che assicuri la vita e non la morte, il dissesto idro-geologico che ha superato da tempo i livelli di guardia, senza che venga destinato un euro alla prevenzione rispetto ai miliardi richiesti dagli esperti e dagli stessi consigliori.
Cosa c’è rimasto ? Un po’ di mare avvelenato al centro – sud e l’ottimismo stampato come una maschera sul volto del Premier e dei suoi accoliti.
Di fronte a un tale desolante e drammatico quadro complessivo del Paese, il Premier e i suoi collaboratori, ben consci della gravità eccezionale della situazione, si cimentano a inventare boutade a livello mediatico nel tentativo di continuare a carpire il consenso distorcendo la verità e la realtà.
E così…il giorno prima : “ si fa sul serio, andiamo avanti spediti con la riforma fiscale con due sole aliquote (le stesse proclamate nel famigerato Patto con gli italiani di vespasiana memoria) per realizzare una riduzione delle tasse”.
Il giorno dopo: “l’attuale situazione di crisi non permette alcuna possibilità di riduzione delle imposte” e il Ministro Trebond: “Non possiamo fare stupidate o follie in una fase economica così complicata……la spesa aggiuntiva per gli interessi sul debito mette fuori discussione la possibilità di pensare a una riduzione delle tasse””.
Che la verità stia in queste ultime parole famose del SuperMinistro lo vado predicando da anni e ormai lo ha imparato buona parte degli italiani, oltre che le pietre.
L’Italia rispecchia il mondo capitalistico; In quest’ultimo (rapporto ONU) : il 18 % dei cittadini dispone dell’83% del reddito globale e basterebbe una cifra inferiore alla ricchezza posseduta dalle 7 persone più ricche del mondo per riscattare dalla fame e dall’estrema miseria miliardi di persone e di bambini sparsi in tutto il mondo.
In Italia (dati Bankitalia) il 10% dei cittadini possiede il 50% della ricchezza finanziaria; questa è stimata in 2800 mld di €uro, per cui il 50% è pari a 1400 mld. Se si ipotizza un prelievo straordinario una tantum (anche ripartito in 3-4 anni) su questa ricchezza si realizza un gettito fiscale di 140 mld circa (alla faccia dei 4,5 mld incassati con lo scudo fiscale) !
Un provvedimento del genere, per esplicare tutta la sua efficacia, andrebbe necessariamente implementato con un’altra misura straordinaria da adottare in materia di debito pubblico.
Come, in parte, accennava Tremonti, il paese è schiacciato da tempo dal peso degli interessi sul debito; in questo momento è stretto in una morsa che, senza correttivi, rischia di stritolarlo per sempre; i tassi sui titoli a breve sono al minimo storico e questo ha rallentato momentaneamente l’ulteriore crescita dello stock del debito; ma non appena dovesse iniziare la ripresa, i tassi torneranno a salire, incidendo subito sull’aumento del deficit e quindi dello stock, per cui sarebbe vanificato per sempre qualsiasi accenno di ripresa e con esso qualsiasi speranza di risanamento dell’economia e delle disponibilità finanziarie per innescare sviluppo e occupazione.
Occorre conseguentemente varare una manovra che stabilizzi, almeno per un quinquennio, il rendimento dei titoli di stato al livello attuale dei tassi a breve. E’ una misura né folle né peregrina né estremista. Le due misure, combinate, creerebbero un plafond complessivo per sanare la finanza pubblica, il costo del debito, assicurare sviluppo e occupazione, sconfiggere lo spettro della miseria e della crisi perenne.
Dall’unità d’Italia alla caduta del fascismo sono stati varati decine e decine di provvedimenti del genere, da tutti i governi succedutisi, senza che scoppiasse alcuno scandalo né rivolta (Relaz.D.G.D.P. alla Comm.Parlam.di vigilanza. 1999)
E non può essere certo un caso che l’Italia, uscita semidistrutta dal conflitto mondiale, abbia proceduto prima a ricostruire il Paese e poi a realizzare il famoso miracolo economico.
Dalla fine degli anni ’40 a metà degli anni ’60 combinazione vuole che il doppio miracolo sia avvenuto in assenza di Debito Pubblico e dopo tale data, con il debito in crescendo, le crisi non hanno avuto sosta.
Ecco dove trovare i soldi, per chi ne ha voglia e capacità, a destra come a sinistra.

U.Galimberti: il vero volto del capitalismo